Relazione illustrativa Commissione Vietti Riforma dell'ordinamento giudiziario
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COMMISSIONE DI STUDIO INCARICATA DI PREDISPORRE UNO SCHEMA DI PROGETTO DI RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO, NELLA PROSPETTIVA DELL’AGGIORNAMENTO E DELLA RAZIONALIZZAZIONE DEI PROFILI DI DISCIPLINA RIFERITI, IN PARTICOLARE: A) ALLO SVILUPPO DEL PROCESSO DI REVISIONE DELLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA, ATTRAVERSO UNA RIORGANIZZAZIONE DELLA DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO DELLE CORTI DI APPELLO E DELLE PROCURE GENERALI PRESSO LE CORTI DI APPELLO, DEI TRIBUNALI ORDINARI E DELLE PROCURE DELLA REPUBBLICA ED UNA COLLEGATA PROMOZIONE DEL VALORE DELLA SPECIALIZZAZIONE NELLA RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE; B) ALL’ACCESSO ALLA MAGISTRATURA; C) AL SISTEMA DEGLI ILLECITI DISCIPLINARI E DELLE INCOMPATIBILITÀ DEI MAGISTRATI; D) AL SISTEMA DELLE VALUTAZIONI DI PROFESSIONALITÀ E DI CONFERIMENTO DEGLI INCARICHI; E) ALLA MOBILITÀ E AI TRASFERIMENTI DI SEDE E DI FUNZIONE DEI MAGISTRATI; F) ALL’ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI DEL PUBBLICO MINISTERO
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Signor Ministro, la commissione da Lei istituita con decreto del 12 agosto 2015 cui è stato attribuito il compito di elaborare proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, ha concluso i propri lavori prima del termine che le era stato assegnato. La commissione, sulla falsariga delle indicazioni contenute nel decreto istitutivo, si è posta l’obiettivo di elaborare un progetto di riforma degli istituti inerenti l’accesso alla magistratura, l’aggiornamento e la razionalizzazione dei profili di disciplina riferiti allo sviluppo del processo di revisione della geografia giudiziaria, la riorganizzazione della distribuzione sul territorio delle corti di appello e delle procure generali presso le corti di appello, dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica e la specializzazione nella ripartizione delle competenze, l’accesso alla magistratura, il sistema degli illeciti disciplinari e delle incompatibilità dei magistrati, il sistema delle valutazioni di professionalità e il conferimento degli incarichi, la mobilità e i trasferimenti di sede e di funzione dei magistrati, l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero.
Per ciascuna delle singole aree tematiche l’attività della commissione è stata affidata a un gruppo di commissari. Per ogni gruppo è stato designato un referente allo scopo di mantenere stretti contatti con i referenti delle altre sottocommissioni e con il Presidente, così da favorire l’uniformità dell’impostazione nei differenti settori. I gruppi hanno lavorato con riunioni a cadenza settimanale per complessive 45 sedute cui è stato sempre presente il Presidente. Si sono tenute nel corso dell’anno ripetute riunioni di coordinamento, alle quali, oltre al Presidente, hanno partecipato i referenti dei singoli gruppi. Le periodiche riunioni plenarie per complessive 11 sedute hanno consentito di allargare il dibattito a tutti i componenti della commissione e di tirare le fila del lavoro nel frattempo svolto nei gruppi. La commissione ha potuto dare corso al programma di audizioni che si era prefissato, acquisendo gli orientamenti del Consiglio Superiore della Magistratura, dell’Associazione Nazionale Magistrati, del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, del Capo
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dell’Ispettorato, di alcuni Procuratori generali presso la Corte d’appello e di alcuni Procuratori della Repubblica presso il tribunale.
Si è poi proceduto alla stesura delle proposte normative articolate in una breve relazione illustrativa e in bozze di articolato.
Tra le riforme della giustizia, che da più di venti anni impegnano ogni legislatura, quella dell’ordinamento giudiziario ha visto un intervento relativamente recente a cavallo tra il 2005 e il 2007.
L'ordinamento giudiziario è un corpo normativo che dà ordine ad una comunità, che è quella giudiziaria, cioè l’insieme di donne e uomini che svolgono la professione di magistrato, che richiede certamente qualità individuali di formazione, preparazione e aggiornamento, ma che alla fine si riconduce ad una complessiva organizzazione, la quale solo può fornire quella risposta di giustizia tempestiva e prevedibile che i cittadini si aspettano.
In questa prospettiva abbiamo proposto riforme di specifiche e settoriali normative vigenti, avendo di mira non tanto lo status del singolo magistrato, pur meritevole di considerazione, ma l’efficienza complessiva del sistema.
Siamo consapevoli che prima di poter intervenire ex novo in maniera organica sulla materia dell’ordinamento giudiziario, già profondamente ripensata da un decennio è quanto mai opportuno lasciare sedimentare le norme che sono state introdotte, con tutti i loro limiti e difetti, vederle all’opera e provarne l’applicazione.
Ciò non significa però che non sia possibile proporre interventi su alcuni istituti che, più di altri, manifestano criticità, ovvero richiedono di completare l’opera intrapresa.
E i temi toccati sono quelli di maggiore rilevanza nell’ambito della disciplina di settore: dal completamento della riforma della geografia giudiziaria, che in un’ottica di razionalizzazione delle limitate risorse disponibili completi l’opera svolta nella scorsa legislatura, comprendendo anche gli uffici di secondo grado; al tema della specializzazione dei magistrati, che deve essere vista come fonte di incremento della autorevolezza delle decisioni e della loro prevedibilità in un’ottica di stabilizzazione del sistema; alle regole sull’accesso alla magistratura, che necessitano di una razionalizzazione rispetto a un progetto probabilmente troppo articolato che ha finito per disperdere i canali di formazione; al sistema disciplinare che, fermo il principio di tassatività, razionalizzi la normativa positiva, sovente fonte di sovrapposizioni e di faticose opere ermeneutiche nel dedalo di rinvii e di richiami che la caratterizza; alle norme sulla incompatibilità dei magistrati, che debbono evitare appannamenti e ritardi nello svolgimento dell’attività giudiziaria ma che, d’altro canto, non debbono creare ingolfamenti burocratici nell’iter autorizzatorio, tipici della situazione attuale; alle valutazioni di professionalità, che debbono ampliare le fonti di cognizione ma anche accelerare i
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tempi di definizione; al conferimento degli incarichi direttivi, in cui l’aspirazione del singolo a una carriera “senza demerito” va sostituita con la garanzia per i cittadini di mettere il magistrato giusto al posto giusto e di revocarlo se la scelta si rivela errata; alla mobilità e ai trasferimenti di sede, nell’ottica di mettere fine all’incertezza normativa che ha affaticato in questi anni le aule dei tribunali amministrativi, specie in tema di legittimazione ai trasferimenti; all’organizzazione degli uffici del pubblico ministero, affinché la funzione requirente possa mantenere le sue peculiarità gerarchiche senza per questo dismettere le basilari garanzie funzionali dei singoli sostituti.
Le norme proposte sono innovative e coraggiose.
Perché abbiano un pronto successo occorre fugare la logica dell’assedio in cui la magistratura si ritrova nell’improprio ruolo di assediato e la politica in quello altrettanto improprio di assediante.
Ferma l’autonomia e l’indipendenza, ciò che attiene all’organizzazione del sistema giudiziario deve poter essere modificato per adeguarlo alla modernità, in cui le esigenze di tempestività, prevedibilità ed efficacia hanno assunto una cogenza ben più rilevante rispetto al passato, che le rende ineludibili obiettivi di una politica giudiziaria responsabile.
Troverà qui di seguito brevemente illustrate le proposte di riforma.
Revisione della geografia giudiziaria
Com’è noto con i decreti legislativi n. 155 e 156 del 7.9.2012 si è proceduto all’attuazione della delega conferita al Governo dall’art. 1 della legge 14.9.2011 n. 148.
L’intervento normativo ha riguardato la riorganizzazione degli uffici di primo grado “ordinari” esistenti (165 tribunali, con relative procure, 220 sezioni distaccate di tribunale e 667 uffici del giudice di Pace).
La scelta all’epoca operata, nei limiti (assai stringenti) della delega conferita si è concretizzata nella totale eliminazione delle sezioni distaccate, nella drastica riduzione degli uffici del Giudice di Pace, nonché nella soppressione di 30 tribunali e relative procure, con conseguente riduzione del numero complessivo a 135 (cui devono, al momento, aggiungersi i Tribunali di Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, la cui soppressione è stata postergata sino al 2018 per le difficoltà conseguenti all’evento tellurico occorso in L’Aquila il 6.4.2009).
Con successivo decreto Legislativo (c.d. correttivo) del 19.2.2014 n. 14 sono state altresì “temporaneamente ripristinate”, sino al 31.12.2016 le sezioni distaccate “insulari” di Ischia, Lipari e Portoferraio. Di recente il predetto termine è stato ulteriormente prorogato al 31.12.2018 dal decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 (c.d. decreto proroga termini).
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Giova ricordare che la delega allora conferita al governo – testualmente finalizzata a “riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza” – riguardava i soli uffici di primo grado ed era caratterizzata da due fondamentali limiti particolarmente condizionanti l’intervento di razionalizzazione proposto:
a) vincolo del mantenimento dei tribunali ordinari (con relativa procura) aventi sede nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
b) l’obbligo di “garantire che, all'esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte d'appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica” (art. 1 lettera f) della delega, disposizione nota come “regola del tre”).
Entrambi i limiti mostravano la loro eccentricità sia rispetto al contenuto interno della delega sia rispetto alla scelta istituzionale di sopprimere le province.
Quanto al primo aspetto non poteva non rilevarsi che entrambi i vincoli segnavano una palese discontinuità (se non una contraddizione) rispetto ai principi ed ai criteri direttivi della delega stessa che imponeva di “ ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane” (lettera b) della delega).
Se, infatti, il legislatore delegante mirava, fondamentalmente, a un riequilibrio della distribuzione territoriale della risorse giudiziarie sulla base dei dati, per così dire, “dimensionali minimi” sui quali costruire un modello ideale di ufficio giudiziario a servizio di un bacino di utenza determinante un dato carico di lavoro (in modo da garantire anche un livello minimo di specializzazione delle funzioni, determinante per generare l’efficienza del servizio nonché rilevanti economie di scala), la presenza di decine di tribunali “intangibili”, perché “provinciali”, a prescindere dalle loro “dimensioni” e dai carichi di lavoro, frustrava sul nascere ogni ambizione di razionalizzazione di tali uffici (realizzabile solamente attraverso l’assai difficile incremento dei relativi circondari con porzioni di territorio appartenente ad altri uffici limitrofi).
E’ utile ricordare che, in occasione della precedente riforma della geografia giudiziaria, è stato elaborato uno studio (nell’ambito di apposita Commissione ministeriale) che ha individuato un modello di tribunale ordinario sulla base dei valori medi degli uffici “intangibili” e in relazione a questi valori si sono fondate le scelte attuative della riforma.
Lo schema che segue esprime in modo sintetico i suddetti parametri medi:
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Gli obiettivi della delega del 2011, la cui attuazione ha certamente innalzato la media dei requisiti dimensionali dei tribunali, sono in larga misura migliorabili, ove il legislatore si determinasse a conferire sulla materia una ulteriore delega, meramente correttiva del primo intervento, ma con vincoli meno stringenti, in particolare non prevedendo il vincolo dei tribunali provinciali.
Nondimeno, la riforma - sebbene migliorabile e non ancora completata con i necessari provvedimenti amministrativi di riordino complessivo delle piante organiche dei magistrati del personale amministrativo che superi la logica della mera sommatoria tra ufficio accorpante ed ufficio accorpato e tenga conto dell’effettiva distribuzione del carichi e del rapporto magistrato/bacino d’utenza - ha contribuito al generalizzato calo delle pendenze registrato nell’ultimo biennio, oltre che alla complessiva razionalizzazione degli uffici di primo grado con l’integrale soppressione delle sezioni distaccate di tribunale.
Tuttavia, la redistribuzione territoriale degli uffici giudiziari rimarrebbe ineluttabilmente incompleta senza interventi riguardanti gli uffici di secondo grado, ove peraltro si registrano numerosi esempi di inefficienza operativa e intollerabili ritardi nell’erogazione del servizio (incidenti in modo determinante sulla durata complessiva dei giudizi sia civili che penali).
Al riguardo il gruppo di lavoro ha verificato che anche i distretti di Corti di appello risentono della stessa incoerente distribuzione territoriale rispetto ai circondari di primo grado.
Ma mentre gli uffici di primo grado erogano una serie di servizi direttamente collegata con il territorio amministrato (e, dunque, talvolta può giustificarsi, ad es. per motivi orografici, l’esistenza di uffici anche di più modeste dimensioni), la natura del giudizio d’appello ed i servizi erogati dalle Corti e dalle Procure generali rendono assai meno rilevante il parametro della “distanza” tra la Corte e l’utenza amministrata e dovrebbero, invece, puntare con maggiore decisione sulla qualità e l’efficienza del servizio erogato che, anche per il giudice d’appello, non può prescindere da requisiti dimensionali minimi in grado di garantire l’equa distribuzione dei carichi nazionali e la specializzazione delle funzioni.
Popolazione 2011SuperficieMagistratiAmministrativiSopravvenuti medi annui 2006-2010 (civ+pen)Sopravvenuti medi annui per magistrato (carico pro-capite sopravvenuti)Definiti medi annui 2006-2010 (civ+pen)Definit medi annui per magistrato (produttività pro-capite)59.464.644 301.315 5.063 16.437 3.072.810 N/A3.040.855 N/A360.392 1.826 31 100 18.623 606,9 18.429 600,6 39.365.687 223.382 2.880 9.821 1.863.729 N/A1.838.684 N/A382.191 2.169 28 95 18.094 647,1 17.851 638,4 10.175.192 70.209 874 2.936 501.930 N/A494.496 N/A178.512 1.232 15 52 8.806 574,3 8.675 565,8 TOTALE ITALIA (165 Circondari)VALORI MEDI ITALIA TOTALE 103 UFFICI "INTANGIBILI"(tutti i provinciali meno i 5 metropolitani) MEDIE UFFICI "INTANGIBILI" TOTALE 57 UFFICI NON PROVINCIALI MEDIE UFFICI NON PROVINCIALI
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Se a ciò si aggiunge che i processi di ammodernamento anche telematico dei servizi giudiziari rende sempre meno rilevante la prossimità territoriale del giudice (sia per il cittadino sia per l’utenza professionale), emerge con evidenza la necessità di completare e migliorare la riforma della geografia giudiziaria ridisegnando anche i distretti di Corte di appello, caratterizzati da rilevanti disarmonie non più giustificabili sul piano giudiziario, sociale ed economico, in un periodo storico caratterizzato dalla sempre crescente carenza di risorse umane e finanziarie nel settore dei servizi pubblici essenziali.
La condizione attuale dei distretti di Corte di appello.
Il territorio italiano è, attualmente, suddiviso in 26 Corti di appello cui si aggiungono 3 sezioni distaccate (Bolzano, Sassari e Taranto), di fatto gestite come Corti di appello autonome e come tali considerate nelle elaborazioni statistiche di fonte ministeriale.
L’attuale dislocazione territoriale dei distretti di Corte di appello (sezioni distaccate comprese) sul territorio Italiano appare fortemente disomogenea e tende a ripetere le anomalie registrate nella sproporzionata distribuzione territoriale degli uffici di primo grado, cui si è posto parziale rimedio mediante l’attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 148/2011.
Al riguardo un cenno ai due estremi di Milano e Campobasso dà il senso di questa affermazione: la Corte di appello di Milano, che è il distretto più grande d’Italia per popolazione amministrata, eroga servizi giudiziari per oltre 6 milioni di abitanti (serviti in primo grado da 9 Tribunali, con una media di 733.000 abitanti per ciascun circondario), mentre all’estremo opposto si colloca la Corte di appello di Campobasso, con meno di 314.000 abitanti (serviti da 3 tribunali, con una media di poco superiore - 100.000 abitanti - alla soglia che legittima il mantenimento degli uffici del Giudice di Pace).
Solo 6 distretti superano i 4 mln di abitanti amministrati (Milano, Roma, Venezia, Napoli, Torino e Bologna), pari soltanto al 20% del totale.
Solo 4 distretti (nell’ordine Firenze, Brescia, Bari e Palermo) superano i due milioni di abitanti amministrati, pari al 13% del totale.
Nove distretti amministrano più di 1 milione di abitanti (Catania, Genova, Ancona, Catanzaro, Trieste, L’Aquila, Lecce, Cagliari e Salerno).
Il distretto di Perugia si colloca sotto il milione di abitanti (884.000), mentre 7 distretti amministrano poco più di 500.000 abitanti (Potenza, Messina, Sassari, Taranto, Reggio Calabria, Trento e Bolzano).
Chiudono la classifica i 2 micro-distretti di Caltanissetta e Campobasso, con meno di 500.000 abitanti amministrati.
Il parametro della popolazione è ovviamente soltanto uno tra quelli da sempre considerati sensibili (anche dall’ultimo legislatore delegante) per ogni riforma della geografia giudiziaria, ma è di certo
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tra i più significativi essendo noto, in tutte le classifiche anche internazionali (cfr. i dati CEPEJ), il fondamentale rapporto tra abitanti e domanda di giustizia.
In tal senso la disomogeneità delle scarse risorse disponibili risulta evidente già solo analizzando questo parametro se si considera che ben 19 distretti sui 29 esistenti amministrano meno di 2 milioni di abitanti ciascuno, per un totale complessivo di popolazione amministrata pari a meno di 18 milioni di abitanti, circa il 30% dell’intera popolazione italiana risultante dall’ultimo censimento (oltre 59 milioni), mentre i rimanenti 10 distretti si occupano del rimanente 70% della popolazione.
Si potrebbe pensare che una tale anomala distribuzione delle risorse disponibili sul territorio dipenda dalla particolare (e spesso ostica) orografia ed estensione del nostro territorio ma un rapido esame della situazione ed alcuni esempi valgono a confermare, anche sotto questo aspetto, l’irrazionalità dell’attuale dislocazione territoriale dei distretti.
A fronte di un territorio esteso oltre 301.000 kmq il valore medio che, in linea teorica, ciascun distretto dovrebbe possedere è pari a 10.341 kmq.
Tuttavia, soltanto 14 distretti su 29 vantano un’estensione territoriale superiore al suddetto valore medio; altri 8 distretti vantano un territorio superiore ai 5.000 Kmq, mentre gli altri 7 sono sotto tale limite.
Né può dirsi che la distribuzione rispecchia una logica regionale, considerato che il più grande distretto d’Italia per estensione territoriale (Torino) copre due regioni (Piemonte e Valle D’Aosta) mentre la più “piccola” Lombardia vanta due distretti (Milano e Brescia) al pari della Sardegna (Sassari e Cagliari), della Campania (Napoli e Salerno) e della Calabria (Catanzaro e Reggio C.), oltre al Trentino Alto Adige (Trento e Bolzano).
Spiccano, infine, per la proliferazione dei distretti, la Puglia che, con meno di 20.000 kmq di territorio ne vanta ben 3 (Bari, Lecce e Taranto) e la Sicilia che ne conta addirittura 4 (Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta), con un territorio pari a 25.712 km.
L’attuale distribuzione evidenzia una particolare proliferazione dei distretti che interessa soprattutto le regioni meridionali ove, oltre alla nutrita presenza di Corti, per così dire, a dimensione, sub regionale, si caratterizza per la proliferazione di Corti di piccole, se non piccolissime, dimensioni, per abitanti ed estensione territoriale.
Notevoli squilibri sono poi riscontrabili con riferimento al rapporto Giudice/abitanti.
Si evidenziano al riguardo discrasie evidenti che solo in parte possono trovare giustificazione nel diverso impatto che i processi di criminalità organizzata generano nei numerosi distretti del centro Sud nei quali si riscontra un rapporto più vantaggioso giudice/abitanti rispetto ad altri distretti.
In ogni caso la forbice tra il valore minimo (quello di Reggio Calabria) e quello massimo (Venezia) sembra davvero eccessivo.
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Assai interessante si è rivelata la verifica del rapporto sfavorevole giudice/abitanti tra le cause di squilibrio delle pendenze; fattore che, com’è noto, è utile strumento di misurazione dell’accumulo dell’arretrato (pur condizionato da altre e non meno importanti variabili quali l’indice di copertura degli organici).
La proposta di intervento normativo.
La Commissione ha, peraltro, constatato che i dati che destano maggiore preoccupazione sono proprio quelli relativi ai procedimenti pendenti. Una vera e propria zavorra destinata ad incidere sull’efficienza degli uffici di secondo grado, appena scalfita da una modesta diminuzione media delle sopravvenienze unita all’aumento dell’efficienza media delle Corti.
Se è vero, infatti, che si registra un calo delle pendenze a livello nazionale e che alcuni dati di dettaglio appaiono incoraggianti - con 11 Corti ove si registra un calo delle pendenze pari o superiore al 20% nell’ultimo quinquennio - è altrettanto vero che il dato assoluto delle sopravvenienze e quello delle residue pendenze assumono attualmente dimensioni allarmanti.
Si riportano in tabella i dati relativi al fenomeno in esame.
Per dare un’idea delle dimensioni del problema da una simulazione condotta sui dati relativi al settore civile emerge che se fosse possibile non incamerare alcun nuovo procedimento sopravvenuto il sistema, con gli attuali livelli di rendimento, impiegherebbe circa 2 anni ed 8 mesi per smaltire tutto l’arretrato in grado di appello.
Tutte le considerazioni sopra esposte e i dati statistici sui quali tali considerazioni si fondano confermano la necessità di un intervento di razionalizzazione della geografia giudiziaria dei distretti di Corte d’appello, tendente ad una loro riduzione e razionalizzazione territoriale che tenga conto di un riequilibrio dei distretti tendenzialmente a base mono-regionale, purché ciascun distretto nella singola regione sia dotato di requisiti dimensionali minimi e coerenti con un modello di efficienza ideale individuato sulla base dell’estensione territoriale, della popolazione amministrata, dell’indice
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delle sopravvenienze e dei carichi di lavoro, nonché della specificità territoriale del bacino di utenza, della situazione infrastrutturale e dell’effettivo tasso d’impatto della criminalità organizzata.
Ovviamente, il conferimento al Governo di una delega sul punto renderebbe necessario l’ulteriore adeguamento (con ulteriori riduzioni) degli uffici giudiziari di primo grado ed è per tali ragioni che la commissione ha elaborato una bozza di delega che, all’art. 1, è riferita ai distretti di Corte di appello e nel successivo articolo 2 mira a completare l’opera di razionalizzazione territoriale delle risorse già intrapresa con i decreti legislativi del 2012 sopra citati.
Infine, la Commissione, dopo aver proceduto all’audizione di alcuni Procuratori generali e del Procuratore generale della Corte di Cassazione, ha inteso aggiungere nella bozza di delega la possibilità di procedere ad una razionalizzazione territoriale degli uffici di Procura generale, indipendentemente dalla loro corrispondenza con la rispettiva Corte di appello.
Completa la bozza di delega la previsione di una possibile razionalizzazione dimensionale, per così dire ultradistrettuale, degli uffici minorili, al fine di superare i problemi connessi agli organici (talvolta davvero minimi) che, spesso, creano difficoltà di funzionamento.
Va osservato che l’ipotesi organizzativa basata sull’ultradistrettualità di alcune sedi di uffici giudiziari, così come si è osservato per le Corti di appello, risponde, oltre che a criteri di razionalizzazione, anche alla logica di privilegiare la specializzazione e l’efficienza rispetto ad altri parametri, quali la prossimità dell’ufficio all’utenza.
Vi sono già collaudati esempi di tribunali per i minorenni regionali, che sono la maggior parte anche in regioni molto popolose, dove la distanza fisica dall'utenza non ha mai costituito un problema, anche prima degli attuali sviluppi tecnologici, che sempre più renderanno indipendente il luogo fisico dove si amministra la giustizia rispetto alla distribuzione sul territorio dei cittadini.
Anche la riforma degli uffici minorili può dunque muoversi nella stessa logica della prospettata riorganizzazione delle Corti di appello. Analoghe considerazioni possono valere per le sezioni specializzate in materie di imprese.
Ulteriori proposte ordinamentali
Nell’ambito della stessa bozza di delega si propongono due ulteriori riforme riguardanti:
1) l’innovativa previsione di una task force di magistrati destinati ad operare, anche in più uffici giudiziari contemporaneamente (ferma la distinzione funzionale tra requirenti e giudicanti), nei casi di necessità ed urgenza;
2) una parziale riduzione con razionalizzazione organizzativa dei magistrati distrettuali giudicanti e requirenti al fine di recuperare i numerosi posti in pianta organica che, sin dalla loro istituzione, non hanno mai trovato copertura;
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3) una più efficiente modalità di utilizzo di tali magistrati distrettuali mediante l’assegnazione effettuata direttamente dal Consiglio giudiziario, individuato come l’organo istituzionalmente dotato delle migliori conoscenze dei fabbisogni degli uffici giudiziari del distretto di competenza.
Ancora vengono proposte misure riguardanti la specializzazione dei magistrati mediante la costituzione di sezioni specializzate distrettuali in una o più materie.
Al C.S.M. viene fornito uno strumento per realizzare anche nel futuro sezioni specializzate distrettuali su una o più materie, anche asimmetriche sul piano nazionale, dovendosi basare sui flussi e sulle esigenze dei territori.
Al C.S.M., su proposta del Presidente della Corte di appello e con parere vincolante del Consiglio Giudiziario, viene data la possibilità di istituire sezioni specializzate distrettuali articolate in due diversi modi. O costituite unicamente presso la sede capoluogo del distretto o articolate sia presso la sede capoluogo che presso uno o più tribunali del distretto, sulla base dei flussi esistenti, in modo analogo all’attuale strutturazione del Tribunale di sorveglianza.
Tale possibilità consente lo sviluppo e l’accentramento di specializzazioni e, quando necessario, di coniugare questo accentramento con relativa specializzazione, con una vicinanza al territorio, laddove si renda necessaria una prossimità.
Ciò viene ad essere possibile sia in tribunale che in Corte di appello, per motivi di simmetria e funzionalità.
Onde evitare problemi di competenza viene introdotta con legge una normativa sulla ripartizione di competenza mutuata da quella già disegnata dall’art 48-quater dell’ordinamento giudiziario Ordinamento Giudiziaria
Organizzazione degli uffici del pubblico ministero
L’intervento in materia proposto dalla Commissione, - senza il consenso motivato di un qualificato numero di Commissari –consiste nella revisione degli artt. 1 e 6 del D.lgs. n.106/2006 in tema di attribuzioni del Procuratore della Repubblica e attività di coordinamento e vigilanza del Procuratore generale presso la Corte di appello.
Le linee di fondo dell’intervento riguardano:
a) la previsione di provvedimenti organizzativi con i quali le figure apicali degli uffici requirenti stabiliscono criteri di organizzazione dell'ufficio; criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del proprio ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore
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aggiunto o altro magistrato; tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica;
b) l’eliminazione della discrezionalità del procuratore capo nell’assegnare la delega al procuratore aggiunto o in sua mancanza, ad altro magistrato per la cura di specifici settori di affari;
c) l’innovazione del ruolo di coordinamento e vigilanza del Procuratore generale della Corte di cassazione, che, al fine di favorire l’adozione di criteri organizzativi omogenei e funzionali da parte dei procuratori della Repubblica e la diffusione di buone prassi negli uffici requirenti, è chiamato a coordinare periodiche riunioni tra i procuratori generali presso le Corti di appello all’esito delle quali vengono formulate linee guida organizzative da trasmettere al Consiglio superiore della magistratura per l’approvazione;
d) l’attribuzione al procuratore generale presso la Corte di appello, nell’ambito del potere di vigilanza, della facoltà di acquisire dati e richiedere notizie alla Procura della Repubblica, che è tenuta a rispondere tempestivamente.
Viene ulteriormente proposto, anche in chiave di razionalizzazione delle risorse, un intervento normativo volto ad assicurare la presenza del pubblico ministero presso la Corte di cassazione in funzione autenticamente nomofilattica, limitandola alle sezioni unite in udienza pubblica, ovvero in camera di consiglio se trattasi di solo regolamento di giurisdizione.
Nelle ipotesi di fissazione delle sezioni unite per ragioni di contrasto di giurisprudenza o questioni di massima è previsto che il contributo del pubblico ministero possa essere, a sua scelta, scritto e anticipato, nei limiti del termine comune alle parti per le rispettive memorie, facendosi in tal caso materia di dibattito orale avanti alla Corte la stessa posizione del pubblico ministero. Questi, per la scelta di concludere per iscritto, rimarrebbe esonerato dalla partecipazione all’udienza, dove il suo contributo rimane, in alternativa, acquisibile soltanto in forma orale.
Accesso in magistratura
La riflessione della Commissione ha preso le mosse dall’analisi di tre problemi emergenti dall’applicazione dell’attuale disciplina dell’accesso in magistratura, configurato, sostanzialmente, come un concorso di secondo grado: 1) quello relativo all’eccessivo innalzamento dell’età media di coloro che superano l’esame, con conseguenti ricadute anche previdenziali, soprattutto alla luce delle recenti riforme del settore; 2) quello relativo alle difficoltà incontrate, da parte dell’Amministrazione, per l’organizzazione delle prove d’esame, nella gestione di un sempre crescente numero di candidati, e da parte delle commissioni d’esami, per l’allungamento dei tempi necessari per la correzione degli
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elaborati scritti e per lo svolgimento delle prove orali; 3) quello legato a prove d’esame di taglio esclusivamente teorico.
Alla prima di tali esigenze si è data risposta affiancando al tradizionale canale di accesso, che prevede il passaggio attraverso le scuole di specializzazione o attraverso gli “stage” formativi, di un canale di accesso più veloce destinato ai laureati in giurisprudenza più brillanti che abbiano riportato una media di almeno 28/30 nelle materie qualificanti il corso di laurea ed un voto complessivo finale non inferiore a 108/110.
Correlativamente, per rendere la norma compatibile con la previsione dell’accesso diretto, si sono eliminati i requisiti di merito nel percorso universitario che consentivano l’iscrizione agli “stage” formativi, ora aperti a tutti.
Su un piano complementare alla riforma dell’accesso alla magistratura ordinaria, si è ipotizzato un intervento di riforma delle scuole di specializzazione per le professioni legali, attualmente disciplinate dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, individuando i seguenti principi di delega:
- creare scuole esclusivamente destinate all’accesso in magistratura, caratterizzate da un percorso formativo sia pratico che teorico;
- ridefinire i criteri per la determinazione del numero di laureati da ammettere alle scuole di specializzazione, introducendo, come parametro, il numero dei posti relativi agli ultimi concorsi di magistrato ordinario;
- ridurre la durata delle scuole di specializzazione sino ad un massimo di diciotto mesi e, conseguentemente, ridefinire i criteri di formazione dei modelli didattici prevedendo un’ampia autonomia delle scuole, salvo che nelle materie oggetto di prova scritta;
- introdurre misure volte ad incentivare la possibilità delle scuole di specializzazione di consorziarsi al fine di ridurne il numero complessivo nel territorio nazionale per garantire un’offerta formativa maggiormente omogenea e qualificata;
- prevedere un esame unico nazionale per il conseguimento del diploma di specializzazione e la possibilità, per i laureati in possesso dei requisiti per l’accesso diretto in magistratura, di frequentare i corsi pratici delle scuole senza obbligo di partecipare all’esame finale.
Per adeguare anche le prove d’esame all’esigenza di valutare la preparazione del candidato non solo teorica, si è introdotta tra le prove scritte, una prova pratica (da sorteggiarsi per ogni concorso, tra le tre materia attualmente previste di diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo). La prova pratica sarà costituita dalla redazione di una sentenza che comporti conoscenze di diritto processuale e sostanziale.
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Tirocinio e prima assegnazione di funzioni ai m.o.t.
Rispetto alla disciplina precedente all’istituzione della Scuola Superiore della magistratura, che prevedeva una formazione per gli uditori giudiziari caratterizzata da un taglio eminentemente pratico, al quale si aggiungevano soltanto alcuni corsi di tipo teorico-pratico, la riforma del tirocinio disegnata dal decreto legislativo n. 26 del 2006 ha previsto per i m.o.t. un periodo di pratica da svolgersi presso gli uffici giudiziari per dodici mesi, oltre ad un periodo di formazione di sei mesi effettuato presso la sede della Scuola. All’esito dell’esperienza di questo primo decennio, la Commissione, anche alla luce delle osservazioni formulate nel corso degli anni dai m.o.t. che hanno espresso una diversa esigenza formativa, ha valutato squilibrata la distribuzione temporale tra i due periodi ed eccessivamente contratto il periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari. Tale esperienza è, infatti, non solo il vero banco di prova per la verifica e la messa a punto da parte dei m.o.t. delle conoscenze sia teoriche che pratiche acquisite durante il percorso formativo, ma anche un’insostituibile occasione per consentire al magistrato in tirocinio di misurarsi (e di essere valutato) anche per gli aspetti relazionali (con i conseguenti risvolti deontologici) che implica la professione del giudice, continuamento chiamato a rapportarsi con gli avvocati, e le parti del processo. La Commissione ha, pertanto, proposto la modifica dell’art. 18 del .D.lgs n. 26 del 2006 allungando il periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari a quindici mesi e prevendo un periodo di formazione presso la Scuola di tre mesi.
Tenuto conto della prospettiva di arricchire la formazione dei m.o.t. con un più lungo periodo di tirocinio ed anche alla luce delle modifiche introdotte dall’art.1 della l. 31 ottobre 2011, n. 187 che ha fatto cadere il divieto di attribuire ai m.o.t. funzioni requirenti, la Commissione ha valutato ormai incoerente con il sistema e foriera di molteplici conseguenze negative a livello organizzativo, soprattutto nelle sedi più disagiate, la norma che attualmente ancora vieta che ai m.o.t. siano assegnate funzioni penali monocratiche. La Commissione ha proposto, pertanto, la modifica in tal senso dell’art.13 del decreto legislativo n.160 del 2006.
Mobilità
Le proposte di modifica della disciplina della mobilità hanno preso in considerazione - sia pure nell’ottica del contemperamento possibile con le esigenze dei singoli magistrati - l’obiettivo prioritario di soddisfare al meglio il prevalente interesse dei cittadini alla efficienza del “servizio giustizia”.
Da questo punto di vista si è intervenuti in primo luogo sulla disciplina dei tramutamenti prevista attualmente dagli articoli 194 e 195 del R.D.. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).
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Con la proposta di modifica dell’articolo 194 si è stabilito, senza possibilità di equivoco, che il vincolo di legittimazione previsto dalla norma si applica per tutti gli incarichi conferiti e per ogni tipo di trasferimento, compresi quelli direttivi e semidirettivi, quelli ufficiosi o altrimenti speciali. Allo scopo non era stata sufficiente la norma interpretativa di cui all’articolo 35, comma 3 del decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5, convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35, avendo la giurisprudenza amministrativa talvolta continuato, per limitarne l’applicazione ai soli casi di trasferimento a domanda, a valorizzare la locuzione “sede da lui chiesta”. Si è reputato pertanto opportuno espungere detta locuzione, onde chiarire che il vincolo di legittimazione non si applica ai soli trasferimenti richiesti dal magistrato. Una volta realizzata tale definitiva chiarificazione è stata conseguentemente proposta l’abrogazione della norma interpretativa non più necessaria.
E’ apparso, inoltre, opportuno ai fini di promuovere la continuità e la funzionalità degli uffici, ampliare il vincolo ordinario di permanenza dei magistrati alle sedi assegnate a quattro anni. A tale limite minimo si è ritenuto di fare eccezione per i magistrati di prima nomina, per i quali la limitatezza delle possibilità di scelta offerta in occasione della prima assegnazione e l’indifferenza di tale offerta alle condizioni personali individuali, giustificano la limitazione a tre anni del limite minimo di permanenza.
Si è, infine, proposta l’eliminazione dell’eccezione al vincolo minimo di permanenza stabilito dalla legge, per i presidenti ed i procuratori generali di Corte d’appello prevista dall’art. 195 o.g., risultando giustificata tale eccezione solo per gli incarichi apicali presso la Corte di cassazione e per il Tribunale superiore delle acque pubbliche per i quali, comunque, la modifica della norma ha inteso assicurare almeno un anno di permanenza nell’incarico.
- Per meglio assicurare la copertura delle sedi che tradizionalmente restano scoperte per mancanza di aspiranti legittimati è stata proposta la modifica della L. 4 maggio 1998 n. 133 sulle “sedi disagiate”.
L’eccessiva latitudine della prima applicazione della legge sulle sedi disagiate aveva alterato l’intero sistema dei trasferimenti, provocando una crisi di rigetto che, unita alla mancanza di fondi, aveva portato al sostanziale abbandono dell’istituto. Istituto che si era rivelato prezioso e particolarmente utile per coprire le sedi disagiate non richieste e incoraggiare il trasferimento anche di magistrati di esperienza. Si è cercato un equilibrio tra il potenziamento dell’istituto e l’introduzione di un limite numerico per sottolinearne la situazione di eccezionalità e per contenere sia i costi che il numero di beneficiati in termini di titoli preferenziali per i successivi trasferimenti, anche rispetto ai non beneficiati. I beneficiari degli incentivi economici ogni anno potranno essere solo 50 (eventualmente anche magistrati al primo incarico) e complessivamente non potranno superare i 200. Viene altresì limitata a queste sedi l’applicazione della L. 10 marzo 1987 n.100, onde non alterare il sistema dei trasferimenti. Vengono confermati i soli benefici relativi alla riassegnazione o ai successivi
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trasferimenti anche per i magistrati già assegnati a sedi disagiate dopo quattro anni di effettivo servizio.
- Sempre allo scopo di razionalizzare la disciplina della mobilità, la Commissione ha proposto la modifica dell’articolo 19 del d.lgs. 5 aprile 2006 n. 160 in tema di temporaneità delle funzioni.
L’esperienza condotta in questi anni ha evidenziato che la temporaneità nelle funzioni ha una valenza positiva sia al fine di evitare incrostazioni ed immobilismi, sia per stimolare un cambiamento foriero di nuove motivazioni del magistrato e dell’ambiente giudiziario. Sono state però evidenziate criticità per l’eccessiva mobilità che in questo modo è stata determinata negli Uffici e per la perdita di preziose professionalità e specializzazioni acquisite sul campo. Inoltre stride la disparità di trattamento che si è venuta a creare tra funzioni sottoposte alla temporaneità e funzioni che ne sono totalmente escluse. Le ragioni che hanno portato a introdurre la temporaneità delle funzioni suggeriscono di estenderla, o quanto meno di incoraggiarla, sia pure in modo differenziato, anche alle funzioni di estesa specializzazione che sinora l’applicazione alle posizioni tabellari aveva limitato. Ma tale estensione comporta anche l’introduzione di percorsi professionali preferenziali tesi a preservare le specializzazioni acquisite. Pertanto, per i magistrati di sorveglianza si è previsto di introdurre un termine massimo di permanenza di dieci anni nello stesso ufficio, scaduto il quale, ove il magistrato presenti domanda di trasferimento ad altro ufficio di sorveglianza, potrà usufruire del vantaggio di esservi assegnato “con precedenza assoluta”. Ove non presenti domanda di trasferimento verrà assegnato d’ufficio alla Corte di Appello, sezione penale.
Quanto alle specializzazioni più forti, ovvero quella lavoristica e minorile, pur senza introdurre un vincolo massimo di permanenza, viene incentivata la mobilità. Pertanto nel periodo di permanenza dai dieci ai quindici anni in tali funzioni viene assicurato al magistrato il trasferimento con priorità assoluta in altro ufficio di identica specializzazione, sia di primo che di secondo grado. In tal modo si incoraggia un mutamento preservando la specializzazione.
Limitatamente agli uffici minorili viene esclusa l’applicazione dei vincoli previsti a livello generale per il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti e viceversa. La specializzazione forte esistente ed il tipo stesso di attività svolta viene difatti ad essere del tutto prevalente sulla funzione.
Viene previsto il limite massimo del 10% per i trasferimenti annui onde evitare che un’eccessiva mobilità nella stessa sezione o gruppo di lavoro possa dissestare o mettere in difficoltà l’ufficio.
- Allo scopo di limitare al massimo le scoperture degli uffici a seguito dei tramutamenti, si è proposto l’inserimento nel R.D. 30 gennaio 1941, n.12 (Ordinamento giudiziario) di un articolo 10 bis al fine di standardizzare il termine di presa di possesso a seguito dei trasferimenti, rendendolo tendenzialmente fisso. La proposta normativa consentirà da un lato la contemporaneità tra partenze ed arrivi, rendendo l’inevitabile “turn over” ordinato e con meno problemi per gli uffici, e dall’altro lo svolgimento, nel periodo immediatamente precedente, di corsi di riconversione o comunque di
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formazione. E’ stato, pertanto previsto che il C.S.M. debba in ogni caso e non, come previsto attualmente, solo “di regola”, espletare le procedure di trasferimento due volte l’anno, mentre il Ministro adotterà contemporaneamente i decreti per tutti i magistrati tramutati nell’ambito della medesima procedura. Per evitare che eventuali ritardi nella delibera del C.S.M., in relazione anche ad uno solo dei candidati che abbiano fatto domanda di tramutamento, possa ritardare per tutti gli altri l’adozione del decreto da parte del Ministro, è stato previsto che la procedura sopra descritta si applichi quando siano coperti almeno i due terzi dei posti messi a concorso.
Sotto altro profilo, con la proposta di modifica dell’articolo 110 R.D. 30 gennaio 1941, n.12 (Ordinamento giudiziario) si è ridisegnato l’istituto delle applicazioni, pur mantenendone l’impianto di base, che oggi può essere utilizzato, in ambito distrettuale, solo ad iniziativa dei capi di corte e, a livello extradistrettuale, dal Consiglio Superiore della Magistratura. Nel tempo, l’esperienza di tale istituto ha ampiamente dimostrato la sua inidoneità a fronteggiare le attuali esigenze di organizzazione degli uffici giudiziari sotto più profili. Da un lato, tale previsione non riesce a dare risposta alla sempre più sentita esigenza di disporre di uno strumento che consenta di risolvere in tempi rapidi, incompatibili con l’attivazione delle ordinarie procedure tabellari, situazioni impreviste o con carattere di temporaneità, in grado di incidere però negativamente sulla funzionalità degli uffici. D’altro canto si è sentita l’esigenza di affiancare alle norme che hanno progressivamente previsto una crescente responsabilizzazione dei presidenti di tribunale (unitamente alla previsione di sempre più pregnanti controlli sulla loro attività, il cui esito condiziona la riconferma nell’incarico), la creazione di un istituto, che, sempre nell’ambito dell’ufficio, consenta direttamente ai capi di potenziare l’organico di determinati settori laddove se ne presenti la necessità. Pertanto si è previsto che, qualora la situazione temporanea di disfunzionalità possa essere fronteggiata con le risorse interne all’ufficio, l’applicazione sia disposta ad iniziativa del presidente del tribunale, previo interpello e sentito il Consiglio giudiziario. Nel diverso caso in cui non siano sufficienti le risorse dell’ufficio, permane, all’interno del distretto, la competenza dei capi di corte e, al di fuori di esso, la competenza del C.S.M. Per quest’ultima ipotesi si è ampliata, rispetto alla previsione attuale, la platea dei magistrati che possono aderire all’interpello, prevedendosi l’applicazione agli uffici giudicanti di altri distretti anche di magistrati che svolgono funzioni requirenti e agli uffici requirenti anche di magistrati che svolgono funzioni giudicanti, purché abbiano maturato una significativa esperienza nelle medesime funzioni per le quali deve operare l’applicazione. Le ragioni di tale ultima previsione prendono le mosse dalla riscontrata e perdurante difficoltà di reperire, soprattutto in determinate sedi, magistrati disponibili alle applicazioni extradistrettuali senza sacrificio per l’esigenza di garantire nella sede “ad quem”, il massimo contributo di professionalità specifica da parte dell’applicando, esigenza il cui soddisfacimento è ampiamente assicurato dalla pregressa “significativa esperienza” del magistrato nelle funzioni da ricoprire in applicazione.
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Conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi
Le norme relative al conferimento degli uffici direttivi e semidirettivi muovono dal presupposto che la relativa disciplina debba essere recata sia dalla fonte primaria che dalla fonte secondaria, di competenza del Consiglio Superiore della Magistratura. Mentre la normativa secondaria, se ritenuto opportuno, può essere più analitica, è indispensabile che quella primaria sia generale e di principio. E’ in questa prospettiva che si è proposta l’introduzione di una norma primaria che intende regolare gli aspetti essenziali della procedura, indicando i paradigmi dell’azione del Consiglio, sia sul piano formale che su quello sostanziale.
Quanto al profilo formale, è precisato che la motivazione delle deliberazioni del Consiglio si risolve nella vera e propria comparazione tra le figure professionali dei candidati e che detta motivazione non deve essere analitica, bensì unitaria e sintetica, ancorché debba indicare specificamente le ragioni di preferenza per il candidato prescelto. Tali ragioni, peraltro, sono le sole che il Consiglio è tenuto ad esplicitare. In questo modo si vuole assicurare una più precisa e snella articolazione delle motivazioni del Consiglio, a fini di efficienza e di certezza, anche in riferimento alla corretta controllabilità in sede giurisdizionale delle relative deliberazioni.
Quanto al profilo sostanziale, si è inteso valorizzare i paradigmi del merito e delle attitudini, accantonando quello dell’anzianità, che del resto è da tempo recessivo, sia nella normativa che nella giurisprudenza in materia. Consequenzialmente, sono stati identificati i tratti essenziali dei due paradigmi, al fine di meglio indirizzare le determinazioni di conferimento degli incarichi e la loro motivazione. Preliminarmente, in ogni caso, si è imposta la verifica dei requisiti di indipendenza e di imparzialità, in base all’assunto ch’essi caratterizzino in massima misura la figura del magistrato.
Si è proposta, inoltre, la modifica degli articoli 45 e 46 del decreto legislativo 160/2006 in tema di temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive. L'impianto della temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi introdotto con il decreto legislativo n.160/2006 ha evidenziato, attraverso l'esperienza acquisita in questi anni di applicazione, l'esigenza di una rivisitazione della normativa nell'ottica del buon funzionamento dell'ufficio giudiziario. Un primo intervento è finalizzato ad ovviare all'assenza, nell'arco temporale che precede la conferma quadriennale, di strumenti valutativi dell'attività svolta nell'espletamento di incarichi direttivi e semidirettivi. La disciplina attuale, costruita sul doppio quadriennio, non prevede interventi valutativi all'interno dei due periodi, anche qualora si verifichino situazioni potenzialmente in grado di incidere negativamente sull'ulteriore prosecuzione dell'incarico fino al termine. Si è prevista, pertanto, in via anticipata rispetto alla scadenza quadriennale, l'attivazione d'ufficio da parte del C.S.M. di un momento valutativo “qualora
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l’ufficio di appartenenza evidenzi gravi disfunzioni organizzative addebitabili al dirigente”. In tale ipotesi è stata prevista una procedura in contraddittorio con l’interessato (si è ritenuto di utilizzare anche per l'ipotesi in oggetto, la procedura prevista per la conferma, la quale, attraverso i vari passaggi che la connotano, è in grado di assicurare i necessari approfondimenti ed acquisizione di dati) e la previsione di tempi stretti (tre mesi) per la sua conclusione. Ciò al fine di non esporre il magistrato ed il suo ufficio ad una troppo lunga situazione di incertezza, legata all’instaurazione della procedura di verifica anticipata, che finirebbe per essere dannosa, anche nel caso in cui si concludesse in senso favorevole. Sempre nell'ottica del buon funzionamento e per assicurare un celere e proficuo avvicendamento ai vertici dell'ufficio e delle sue articolazioni, è stato previsto che, terminato il secondo quadriennio, il titolare di un incarico direttivo o semidirettivo mantenga l'incarico sino alla presa di possesso del nuovo titolare.
Nel diverso caso di esito negativo della valutazione (conseguente alla verifica anticipata, alla richiesta di conferma, alla valutazione dopo il quadriennio senza richiesta di conferma), ragioni di funzionalità e di celerità di intervento, hanno suggerito di prevedere la decadenza immediata dall'incarico, in aggiunta alla già prevista preclusione per cinque anni ai concorsi per altri incarichi direttivi.
Parametri per l’istituzione dei posti semidirettivi nei Tribunali, nelle Corti d’Appello e nelle Procure della Repubblica
La Commissione ha elaborato la sua proposta di modifica normativa partendo dalla constatazione che l’attuale disciplina dettata dagli articoli 47-ter, 54 e 70 dell’Ordinamento giudiziario regolamenta in modo ormai incongruo il rapporto numerico tra i posti riservati in organico ai giudici e quelli riservati ai presidenti di sezione presso i tribunali e presso le corti d’appello, e, nelle procure della Repubblica, tra il numero dei pubblici ministeri ed il numero degli aggiunti. In particolare, si è osservato che, soprattutto negli uffici più grandi, gli aumentati compiti organizzativi e gestionali attribuiti ai capi, hanno reso inadeguato il numero dei posti semidirettivi, soprattutto avuto riguardo ai compiti di collaborazione con il capo dell’ufficio propri di tali incarichi. Ciò ha determinato un proliferare di figure di collaboratori del presidente del tribunale o della corte d’appello e del procuratore della Repubblica, scelti tra i magistrati addetti all’ufficio a seguito di interpello, ai quali sono assegnati dal capo incarichi di collaborazione nelle più diverse materie. La Commissione ha, pertanto, ritenuto di modificare la norma, passando, per i tribunali, da una proporzione di un presidente di sezione per ogni dieci magistrati a quella di un presidente di sezione per ogni otto magistrati, con le eccezioni previste per le sezioni lavoro, per le sezioni delle procedure concorsuali e per le sezioni gip-gup. Quanto a queste ultime sezioni, si è proposto che nei tribunali più grandi, individuati dal comma 1 del D.l. 25 settembre 1989, n. 327, il posto di presidente aggiunto sia istituito solo laddove la sezione sia composta da almeno otto giudici. Per le corti d’appello, nell’ambito delle quali il ruolo del capo
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dell’ufficio è ancor maggiormente connotato da funzioni gestionali, si è stabilita la proporzione di un presidente di sezione per ogni sei magistrati, con le eccezioni previste per la direzione delle sezioni lavoro. Per le procure della Repubblica si è proposto il passaggio dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci magistrati a quella di un procuratore aggiunto per ogni otto magistrati.
Si è proposta, infine, l’introduzione di due norme transitorie, l’articolo 47- quater e l’articolo 54-bis, che, rispettivamente, per i tribunali e per le corti d’appello, prevedono che coloro che ricoprono posti in soprannumero, rispetto alla revisione di organico, rimangono in carica sino alla conclusione dell’incarico a al trasferimento volontario onde evitare i problemi di ricollocamento dei perdenti posto.
Ricollocamento in ruolo
Con le proposte di modifica dell’art. 50 del decreto legislativo n. 160 del 2006 si è intervenuti nell’ambito della disciplina del ricollocamento in ruolo dei magistrati al fine di realizzare due obiettivi. Il primo intervento è stato finalizzato ad assicurare maggiore terzietà nell’esercizio della funzione giudiziaria anche da parte di coloro che abbiano solo preso parte alle procedure di selezione pubblica delle candidature, o che si siano candidati e non siano stati eletti per cariche di natura politica a livello territoriale, nazionale o sovranazionale. A tale scopo è stata ampliata la preclusione “geografica” delle sedi giudiziarie in cui il magistrato, all’esito della competizione, se non eletto, ovvero in caso di cessato esercizio della funzione politica, non potrà essere destinato, non potendo il ricollocamento in ruolo avvenire neanche in sedi site in un distretto limitrofo a quello in cui si trovava la sede giudiziaria di provenienza. Si è intervenuti, inoltre, sulla tipologia delle funzioni che il magistrato potrà esercitare, escludendo quelle di tipo monocratico, in favore di quelle di tipo collegiale non direttive o semidirettive, per la maggiore garanzia di “controllo interno alla giurisdizione” sulla imparzialità delle decisioni assunte tipica del collegio.
Infine, è stato aumentato da tre a cinque anni il termine di legittimazione per chiedere il trasferimento ad altra sede, allo scopo di rafforzare la “cesura” di ordine temporale con il distretto di provenienza o con quello ove il magistrato ha esercitato l’attività politica. Tale disciplina è stata estesa anche ai magistrati che abbiano assunto incarichi di governo nazionale o presso enti locali, colmando così una vistosa carenza normativa.
Il secondo intervento è stato finalizzato ad evitare che le procedure di ricollocamento in ruolo del magistrato proveniente da incarichi cessati o scaduti determinino, per i tempi tecnici di svolgimento (apertura della pratica presso la III^ Commissione del C.S.M., adozione della delibera da parte del plenum, emanazione del relativo decreto ministeriale e successiva pubblicazione sul bollettino ufficiale), un periodo in cui il magistrato non abbia un ufficio di riferimento ove svolgere la propria attività lavorativa. Si è così previsto, in un’ottica di maggiore speditezza ed efficienza dell’attività
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amministrativa ed al fine di evitare ipotesi di responsabilità contabile, che il C.S.M. (ed il Ministro della Giustizia nel decreto ministeriale di recepimento), all’atto dell’adozione della delibera di collocamento fuori ruolo, già stabilisca che il magistrato alla cessazione o scadenza dell’incarico (rientrando in tale ipotesi sia la scadenza naturale del termine di conferimento dell’incarico, sia quella della cessazione sopravvenuta, sia il caso in cui maturi il termine massimo di permanenza fuori ruolo ai sensi dell’art. 1, comma 68, l. n. 190 del 2012), sia automaticamente assegnato alla sede di provenienza anche in sovrannumero. In quest’ultimo caso, il posto sarà riassorbito nelle successive vacanze dell’ufficio (così eliminandosi - in un’ottica di maggiore trasparenza - anche l’ipotesi del concorso virtuale). Laddove il ricollocamento in ruolo riguardi un magistrato che si sia venuto a trovare in una situazione di incompatibilità per avere partecipato a competizioni elettorali ovvero ricoperto incarichi politici, di governo nazionale o presso enti locali, si è previsto, nell’attesa che venga deliberata la nuova destinazione ed ivi immesso in possesso, che il magistrato sia assegnato all’Ufficio del Massimario della corte di cassazione se all’atto del collocamento fuori ruolo esercitava funzioni di legittimità o era in forza alla Procura nazionale antimafia e che negli altri casi sia assegnato all’Ufficio del processo dell’ufficio giudiziario di provenienza.
Ipotesi di incompatibilità e di ineleggibilità di magistrati
La proposta di modifica legislativa è intervenuta sull’art. 60 del decreto legislativo 267 del 2000 recante il “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, ampliando l’ambito territoriale entro il quale non è possibile la candidatura di un magistrato a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale. Si è aggiunto, oltre a quanto già previsto (“territorio nel quale i magistrati hanno esercitato o esercitano le funzioni”), anche il territorio facente parte delle circoscrizioni limitrofe. Inoltre, è stato stabilito in un anno l’arco di tempo durante il quale il pregresso esercizio di funzioni determina l’ineleggibilità.
Si è intervenuti, inoltre, sugli incarichi regionali, con la modifica degli articoli 2 e 3 della legge 2 luglio 2004 n. 165, recante “Disposizioni di attuazione dell’articolo 122 primo comma della Costituzione” introducendo le ipotesi, attualmente non previste, di ineleggibilità per i “magistrati ordinari nelle circoscrizioni sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali si sono trovati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni o nelle circoscrizioni ad esse limitrofe in un periodo compreso nei dodici mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura, e che, all'atto dell'accettazione della candidatura, non si trovino in aspettativa” e di “incompatibilità dell’esercizio delle funzioni giudiziarie da parte dei magistrati ordinari, superabile con collocamento in aspettativa per tutto la durata del mandato o dell’incarico”.
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Partecipazione degli avvocati ai Consigli giudiziari L’attuale dizione dell’articolo 8 del decreto legislativo 30.1.2006, n.25, che ha istituito il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e ha innovato la composizione dei consigli giudiziari prevede che nel Consiglio direttivo il componente avvocato, nominato dal Consiglio nazionale forense ed i componenti professori universitari, partecipino esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative alle tabelle ed ai criteri di assegnazione degli affari. Correlativamente, per i Consigli giudiziari, ai sensi dell’articolo 16 i componenti designati dal consiglio regionale, i componenti avvocati e professori universitari, possono partecipare esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15 comma 1 lettere a), d) ed e). In entrambi i casi restano precluse ai componenti dinanzi indicati le deliberazioni relative alle valutazioni di professionalità dei magistrati, quelle relative a pareri richiesti dal C.S.M. su materie attinenti alle proprie competenze e quelli relativi alle attività di formazione dei magistrati in relazione a proposte da formularsi al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura.
Tali norme sono parse - alla maggioranza dei componenti della Commissione - meritevoli di una modifica. E’ apparsa contraddittoria la disciplina prevista per il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, laddove il presidente del Consiglio Nazionale Forense, componente di diritto del consiglio direttivo, non ha limitazioni alla partecipazione alle delibere dell’organo di cui fa parte, diversamente da quanto accade per il componente avvocato designato dal Consiglio nazionale forense. Si è valutata non più attuale la disciplina prevista per entrambi gli organi consultivi poiché contrastante con il ruolo assegnato all’avvocatura dalle più recenti iniziative assunte in sede legislativa e istituzionale. Ci si riferisce in particolare al coinvolgimento dell’Avvocatura nella amministrazione della giustizia “parallela” a quella ordinaria, nei settori della mediazione e conciliazione, della negoziazione assistita e nella “translatio iudicii” in sede arbitrale, oltre che, naturalmente, al coinvolgimento nell’amministrazione della giustizia ordinaria dei giudici onorari e dei giudici di pace. anche in sede istituzionale, nelle relazioni annuali dei Primi Presidenti della Corte di Cassazione, dei Ministri della giustizia e dei Vicepresidenti del C.S.M. si dà conto dell’attività dell’Avvocatura e del suo coinvolgimento nell’attività giurisdizionale. Si è proposta pertanto, l’abolizione degli articoli 8 e 16 del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25.
Valutazioni di professionalità
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Le valutazioni quadriennali di professionalità, introdotte nel 2007, hanno nel complesso dato buona prova, pur avendo impiegato diversi anni per entrare a regime. Il primo risultato raggiunto è stato quello di introdurre e consolidare una cultura della valutazione, cercando di superare quell’automatismo e appiattimento verso l’alto che contraddistingueva i vecchi passaggi di qualifica. Il risultato non può essere misurato solo nell’aumento di valutazioni non positive e negative, ma nella maggiore articolazione dei pareri, che più si attagliano alle diversità di capacità e attitudini dei magistrati e alla incentivazione verso un modello positivo di magistrato.
E’ stata mantenuta la scansione quadriennale. E’ stata aggiunta un’altra valutazione di professionalità sei anni dopo la VII nei casi in cui il magistrato non sia stato già positivamente valutato in occasione della presentazione della domanda per altro incarico: con ciò si vuole evitare che il magistrato possa essere esente da valutazioni per periodi molto lunghi, senza avere alcuna motivazione o incentivo.
Confermata la struttura generale si è cercato di intervenire sui difetti e sui limiti che in questi anni sono stati riscontrati: l’eccessiva onerosità rispetto alle scarse risorse disponibili; la tendenza verso una deriva cartacea e burocratica, l’insufficienza delle fonti; i tempi lunghi di approvazione per la stessa complessità dell’iter.
Questo ha portato in sede di proposte ad alcune direttrici di intervento, mantenendo lo schema generale della legge e la scansione temporale quadriennale sino alla VII valutazione.
Le direttrici seguite sono state quelle dell’integrazione dei parametri di valutazione, dell’integrazione delle fonti di conoscenza, della semplificazione e del decentramento ai Consigli Giudiziari.
Integrazione dei parametri di valutazione
Sono stati introdotti come primo parametro di valutazione l’indipendenza e l’equilibrio, vero e proprio prerequisito e dote che deve caratterizzare la stessa essenza del magistrato. E’ vero che tale elemento veniva probabilmente dato per acquisito, ma giustamente aveva trovato posto nelle Circolari del C.S.M. sul tema, che ne avevano enfatizzato l’assoluta necessità. Da ciò la specifica indicazione come primo parametro (comma 2 lettera a), fondamentale in quanto la sua carenza, a differenza degli altri, porta automaticamente al giudizio negativo (comma 9). Sono stati invece accorpati la diligenza e l’impegno (comma 2 lettera d) riguardando requisiti omogenei relativi all’atteggiamento del magistrato verso l’ufficio e l’attività giudiziaria.
Come giudizi finali sono stati mantenuti quelli attuali (positivo, non positivo, negativo). La carenza del primo parametro (indipendenza ed equilibrio) porta direttamente ad un giudizio negativo, come la carenza grave in due o più degli altri parametri, mentre la semplice carenza dei parametri di capacità, laboriosità e diligenza ed impegno, nell’ambito di una valutazione unitaria, porta ad un giudizio non positivo (comma 9).
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Integrazione delle fonti di conoscenza
Al fine della valutazione vi è la necessità di avere tutti gli elementi che consentano un’esatta fotografia dell’attività del magistrato e delle sue doti, partendo da elementi oggettivi. Sono stati quindi mantenute le fonti esistenti: autorelazione, rapporto del dirigente dell’ufficio, provvedimenti a campione e prodotti dall’interessato, segnalazioni dell’Ordine degli avvocati, informazioni esistenti presso il C.S.M. ed il Ministero, risultati delle ispezioni, incarichi giudiziari ed extragiudiziari. A tali elementi sono state aggiunte le segnalazioni, sempre di fatti specifici, provenienti dall’Ufficio giudicante o requirente corrispondente e dall’Ufficio competente per le impugnazioni (comma 4 lettera f). Tali Uffici possono essere a conoscenza di fatti ulteriori che contribuiscono a una migliore valutazione del magistrato e della sua attività. Onde evitare possibili utilizzi strumentali o ritardati di tali fatti è stato previsto l’obbligo di trasmettere tutte le segnalazioni annualmente al fine di consentirne l’utilizzazione in sede di valutazione di professionalità in modo da garantire trasparenza e diritto al contraddittorio.
Sono state infine arricchite le statistiche precisando che le stesse devono essere qualitative oltre che quantitative, ovvero non possono limitarsi al numero dei procedimenti introitati e definiti, ma devono enucleare le tipologie degli affari trattati e dei provvedimenti presi, l’esito degli stessi e gli eventuali ritardi (comma 4 lettera c). Spetterà poi al C.S.M., sulla base di quanto già previsto al comma 3 lettera b), disciplinare per ogni funzione ricoperta la tipologia dei dati da acquisire.
E’ stata infine risolta la questione più volta dibattuta del rapporto tra procedimenti disciplinari e valutazioni di professionalità, stabilendo che si tratta di procedimenti autonomi, dove i fatti oggetto del procedimento disciplinare, al di là dell’esito, sono comunque considerati nella valutazione di professionalità (comma 5).
Semplificazione
L’attuale regime porta ad una ripetitività e ad una burocratizzazione dell’attività valutativa. Normalmente dopo l’autorelazione interviene il parere del Presidente di sezione o del Procuratore Aggiunto, poi recepito dal Presidente dell’Ufficio o dal Procuratore, poi ancora dal Consiglio Giudiziario per poi passare al C.S.M. Così per ogni valutazione vengono espressi ben quattro pareri, spesso pressoché identici.
Si è inteso ricondurre l’istituto della valutazione di professionalità alla funzione originaria, ovvero quella di formulare un giudizio di adeguatezza, oltre che di incentivare il magistrato ad un costante miglioramento.
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Sono state previste due ipotesi: qualora il giudizio del Consiglio Giudiziario sia unanime e positivo lo stesso Consiglio Giudiziario delibera la valutazione di professionalità in termini di “adeguato” inviandola al C.S.M. che provvede con il meccanismo del silenzio assenso (comma 8 ter). Qualora il Consiglio Giudiziario non formuli un giudizio unanime o formuli un parere “non positivo” o “negativo” il giudizio sarà sinteticamente motivato e normalmente limitato ad una valutazione sintetica per ciascuno dei parametri (comma 6).
Resta poi la facoltà del Consiglio Giudiziario di emettere un parere motivato in tutti i casi in cui non condivida il parere del dirigente, all’esito di eventuale istruttoria (a partire dall’audizione dell’interessato per finire con la richiesta di informazioni – comma 8). Tale facoltà, unitamente al diritto all’audizione su richiesta (comma 7), supera l’obiezione di chi teme che si dia troppa rilevanza al parere del dirigente, peraltro il soggetto che più di qualsiasi altro conosce il magistrato ed il suo operato. Le informazioni acquisite in sede di valutazione di professionalità (autorelazione, rapporto del dirigente, statistiche, segnalazioni, provvedimenti, altri documenti ed informazioni) restano nel fascicolo virtuale del magistrato (comma 8 quater) costituendo un bagaglio di informazioni cui si potrà attingere qualora occorra valutare le attitudini del magistrato che chieda di accedere a posti direttivi o semi direttivi o di legittimità.
Per consentire tempi certi e permettere una seria applicazione dei commi 10 e 11, che prescrivono un periodo di osservazione di uno o due anni prima della nuova valutazione in caso di parere non positivo o negativo, è stato introdotto il termine di 8 mesi dalla scadenza entro il quale il C.S.M. deve pronunciarsi sulla valutazione di professionalità.
Decentramento
La necessità di semplificare e di evitare inutili ripetizioni, oltre che di concentrare nel C.S.M. solo i casi critici, ha suggerito una procedura di silenzio assenso in tutti i casi di valutazione unanime positiva di adeguatezza (comma 8 ter). Resta ovviamente la facoltà al C.S.M. di deliberarne la trattazione. Ciò consente un forte snellimento della procedura ed un maggiore approfondimento dei casi problematici.
Incompatibilità parentali
Lo schema generale in tema di incompatibilità non è stato toccato.
Si è ritenuto necessario procedere ad alcune integrazioni in parte derivanti dall’evoluzione sociale e di costume ed in parte per colmare lacune che la pratica di questi anni ha evidenziato.
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Si è parificato al coniuge e al convivente la persona con cui si intrattiene una stabile relazione affettiva (art. 18 co. 1 e 4 e art. 19 co.1, 3, 4, 6, 7).
E’ stato limitato ai tribunali metropolitani il rilievo delle specializzazioni nel settore civile (art. 18 co. 2).
E’ stata estesa a tutti i dirigenti l’incompatibilità (art. 18 comma 4 e 19 comma 6).
E’ stata infine estesa l’incompatibilità a periti ed amministratori giudiziari (art. 19 comma 7).
Trasferimento d’ufficio
L’esperienza di questi anni ha evidenziato come la ripartizione adottata nel 2006 tra procedura amministrativa di incompatibilità ambientale, sostanzialmente incolpevole e il procedimento disciplinare cautelare, evidentemente colpevole, non abbia funzionato. Tale separazione per i tempi della procedura cautelare, pienamente garantita, ha fatto sì che in troppi casi il C.S.M. non dispone di strumenti di intervento urgente a tutela degli uffici giudiziari e della stessa immagine e credibilità della giurisdizione.
Da ciò la necessità di fornirlo.
Viene pertanto eliminata la restrizione ai casi incolpevoli.
Viene garantito il pieno contradditorio e, oltre al trasferimento, viene prevista la possibilità di una applicazione di ufficio, come tale temporanea, per tutti i casi in cui la situazione di incompatibilità si possa prevedere come limitata nel tempo.
Viene previsto un termine perentorio di tre mesi dall’apertura della procedura entro cui il C.S.M. deve pronunciarsi. Ciò a conferma della natura urgente e cautelare dell’intervento.
Viene previsto esplicitamente che l’apertura di un procedimento disciplinare con richiesta cautelare sospenda la procedura, che potrà riprendere il suo corso in caso di definizione dello stesso.
Illeciti e procedimento disciplinare
L’intervento normativo non ha inteso toccare alcuni elementi di fondo della disciplina del 2006, in particolare l’obbligatorietà dell’azione disciplinare e la tassatività delle fattispecie, intesi come garanzie della giurisdizione da un lato e del magistrato incolpato dall’altro.
L’intervento è stato piuttosto di razionalizzazione di un sistema che si è manifestato alternativamente burocraticamente punitivo o inefficace.
Ciò ha comportato un esame fattispecie per fattispecie ed un riordino generale.
A tal fine sono stati in parte ripresi i d.d.l. Flick e Vassalli, cui anche il testo vigente si era in parte ispirato.
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Il riordino ha comportato una ristrutturazione sistematica per doveri, enunciando per ogni fattispecie dovere, addebito, sanzione.
Questo anche per superare l’attuale situazione che non vede spesso corrispondenza tra incolpazione e sanzione.
Inoltre si è operata una riformulazione delle fattispecie troppo generiche, sulla base della giurisprudenza disciplinare.
E’ stata prevista una riserva di codice, facendovi rientrare tutte le disposizioni oggi contenute in leggi diversi (Disposizione di attuazione del C.P.P., D.Lgs. n.209/2006 sul Pubblico Ministero).
Sul lato sostanziale è stata introdotta la riabilitazione.
Sotto il profilo procedimentale gli interventi sono stati limitati a rendere il procedimento garantito, con l’obbligo di interrogatorio e chiarendo i rapporti tra Procura Generale e Ministero.
Illeciti funzionali
Gli illeciti funzionali sono stati articolati per doveri (imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità e riserbo) per ciascuno dei quali sono state enunciate le fattispecie.
Sono state esclude incolpazioni si è limitato ad escludere incolpazioni generiche e introdotte nuove fattispecie specifiche.
Così è stata cancellata sia l’ipotesi di cui alla lettera a) che si basava più sugli effetti che su specifici comportamenti sia quella di cui alla lettera g) sulla grave violazione di legge.
Sono state accorpate nel nuovo testo sia le ipotesi contenute nel D. Lgs. n. 109, sia la nuova previsione di cui all’art. 123 Disp. Att. C.P.P.
Sono state aggiunte le due ipotesi in cui la giurisprudenza disciplinare aveva concentrato le violazioni di legge, ovvero la ritardata scarcerazione e la ritardata iscrizione della notizia di reato.
Illeciti extra funzionali
Sugli illeciti extra funzionali l’intervento è stato limitato alla sistematizzazione e alla precisazione degli stessi.
E’ stata inoltre introdotta una norma di chiusura per ricomprendere comportamenti tenuti in luogo pubblico che compromettano in modo grave il prestigio della magistratura, comportamenti che per la loro varietà è difficile classificare in una rigida casistica.
Sanzioni
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La sanzioni sono state riordinate, in primo luogo riferendole alle singole fattispecie e, in secondo luogo, rideterminandone la gravità alla luce del loro disvalore professionale delle stesse. Così sono stati sanzionati con l’ammonimento i comportamenti di omessa denuncia, mentre qualora l’illecito sia commesso da chi ricopre incarichi direttivi e semi direttivi la sanzione prevista è quella più grave dell’incapacità temporanea di svolgere tali incarichi.
Riabilitazione
E’ stato introdotto l’istituto della riabilitazione per le sanzioni meno gravi: dopo un certo lasso di tempo in cui il magistrato ha mantenuto un comportamento ineccepibile l’episodio disciplinare isolato può essere superato. La riabilitazione avviene su istanza dell’interessato e d è disposta dalla Sezione disciplinare.
Procedura
Quanto alla procedura è stato meglio precisato il rito. Attualmente la procedura applicata è spuria.
Il rito accusatorio è poco compatibile con il fatto che tutti gli atti compiuti durante le indagini sono validi ed entrano a far parte del fascicolo del giudizio. Viene pertanto previsto, da un lato, l’obbligo di interrogatorio (già oggi normalmente svolto) previo deposito degli atti e, dall’altro, l’ingresso delle indagini difensive (come già sancito a livello giurisprudenziale).
Vengono precisati i rapporti tra Ministero della Giustizia e Procura Generale, prevedendosi la facoltà del Ministero di essere informato anche sulle azioni che non ha promosso al fine di acquisire informazioni o di esercitare il diritto di copia e di impugnazione. Viene poi esclusa la possibilità in capo al Ministro di chiedere la discussione orale in caso di archiviazione non condivisa, in tal modo evitando che l’incolpato si possa trovare direttamente a giudizio senza essere mai stato né informato, né sentito. In tal caso il Ministro ha comunque la facoltà di esercitare autonomamente l’azione disciplinare.
Infine, nei procedimenti impugnatori davanti alla Corte di Cassazione (art.24, D.Lgs.109/06), onde garantire maggiore specializzazione e presenza di esperienze sia in materia civile che in materia penale, è previsto che le Sezioni Unite sia tabellarmente formate in modo da garantire la presenza di magistrati sia del settore civile che penale. Il rito da seguire è quello civile.
Confidando di aver ottemperato al mandato ricevuto, porgo a nome dell’intera Commissione i più vivi ringraziamenti per la fiducia accordata.
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Roma, 17 marzo 2016.
Prof. Avv. Michele Vietti
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DELEGA AL GOVERNO RECANTE
DISPOSIZIONI PER LA RIORGANIZZAZIONE DELLA DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO DEGLI UFFICI GIUDIZIARI
Art. 1
(Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio delle corti di appello, delle procure generali presso le corti di appello, dei tribunali per i minorenni e delle procure presso i medesimi tribunali)
1. Il Governo, al fine di incrementare l’efficienza del sistema giudiziario e di realizzare la specializzazione delle funzioni e risparmi di spesa, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio dei distretti di Corte di appello e delle relative Procure generali, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridurre, mediante attribuzione di circondari o porzioni di circondari di tribunali appartenenti a distretti limitrofi, il numero delle Corti di appello esistenti, secondo i criteri oggettivi dell’indice delle sopravvenienze, dei carichi di lavoro, del numero degli abitanti e dell’estensione del territorio, tenendo comunque conto della specificità territoriale del bacino di utenza del bacino di utenza, della situazione infrastrutturale e del tasso d’impatto della criminalità organizzata;
b) sopprimere le sezioni distaccate delle Corti di appello ovvero ridurne il numero anche mediante accorpamento alle corti di appello limitrofe, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera a;
c) ridefinire l’assetto ordinamentale e organizzativo degli uffici di Procura generale presso la Corte di appello e delle corrispondenti funzioni del Pubblico Ministero, nonché la possibilità di accorpare più uffici di Procura generale indipendentemente dall’accorpamento del corrispondenti distretti di Corte d’appello, prevedendo in tali casi che l’ufficio di Procura generale accorpante possa svolgere le funzioni requirenti di secondo grado presso più Corti d’appello anche mediante l’istituzione di un presidio presso le Procure della Repubblica aventi sede presso i capoluoghi dei rispettivi distretti di Corte di appello;
d) ridefinire, anche mediante riduzione in coerenza con i criteri di cui alla lettera a), l’assetto ordinamentale dei Tribunali per i minorenni e dei corrispondenti uffici requirenti indipendentemente dall’accorpamento dei corrispondenti distretti di Corte di appello, prevedendo in tali casi per detti uffici una competenza territoriale su uno o più distretti di Corte di appello;
e) prevedere l’istituzione di un ruolo speciale di magistrati giudicanti e requirenti, destinati, in sede di prima assegnazione ovvero con il loro consenso, a svolgere, anche in modo promiscuo e ferma la distinzione tra magistrati requirenti e giudicanti, per un periodo non superiore a cinque anni, non prorogabile, funzioni giudiziarie in una o più sedi nelle quali, per esigenze di tutela delle lavoratrici madri ovvero per gravi scoperture dell’organico o per ragioni di straordinaria necessità, con delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, si accerti l’urgenza della destinazione di tali magistrati per lo svolgimento di funzioni giudicanti o requirenti di primo grado, compresi i tribunali e gli uffici di sorveglianza e gli uffici giudicanti e requirenti minorili;
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f) prevedere la riorganizzazione, anche mediante riduzione delle sedi previste e la modifica dei criteri di determinazione della relativa pianta organica, dei magistrati distrettuali giudicanti e requirenti, in modo da garantirne l’effettività operativa e il prevalente utilizzo presso gli uffici giudiziari di primo grado mediante provvedimenti di assegnazione adottati dai Consigli Giudiziari, fatti salvi i poteri del Consiglio Superiore della Magistratura;
g) prevedere che i magistrati e il personale amministrativo entrino di diritto a far parte dell'organico, rispettivamente, degli uffici distrettuali di primo grado, delle corti di appello e delle procure generali della Repubblica presso la corte di appello cui sono trasferite le funzioni degli uffici sedi distrettuali di primo grado e degli uffici di Corte di appello, di sezioni distaccate e di procura presso cui prestavano servizio, anche in sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze;
h) prevedere che l'assegnazione dei magistrati e del personale prevista dalla lettera g) non costituisca assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, ne' costituisca trasferimento ad altri effetti;
i) prevedere con successivi decreti del Ministro della giustizia le conseguenti modificazioni delle piante organiche del personale di magistratura e amministrativo;
Art. 2
(Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio dei tribunali ordinari, delle procure della Repubblica)
1. Il Governo, al fine di incrementare l’efficienza dei tribunali ordinari e delle relative procure della Repubblica e di realizzare la specializzazione delle funzioni e risparmi di spesa, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio dei predetti uffici giudiziari, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) ridurre, anche in coerenza con le riduzioni di cui all’articolo precedente, gli uffici giudiziari di primo grado ridefinendone l'assetto territoriale, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell’indice delle sopravvenienze, dei carichi di lavoro, del numero degli abitanti e dell’estensione del territorio, tenendo comunque conto della specificità territoriale del bacino di utenza, della situazione infrastrutturale e del tasso d’impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;
b) prevedere che i magistrati e il personale amministrativo entrino di diritto a far parte dell'organico, rispettivamente, dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni di sedi di tribunale e di procura presso cui prestavano servizio, anche in sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze;
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c) prevedere che l'assegnazione dei magistrati e del personale prevista dalla lettera b) non costituisca assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, ne' costituisca trasferimento ad altri effetti;
d) prevedere con successivi decreti del Ministro della giustizia le conseguenti modificazioni delle piante organiche del personale di magistratura e amministrativo;
Art. 3
(Disposizioni di coordinamento e finali)
1. La riforma di cui agli articoli precedenti realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
2. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dagli articoli precedenti sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi al Consiglio superiore della magistratura, al Consiglio Nazionale Forense e al Parlamento ai fini dell'espressione dei pareri da parte dei suddetti organi e delle Commissioni competenti per materia. I pareri, non vincolanti, sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri stessi.
3. Il Governo, con la procedura indicata nel comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.
4. dall’attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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MODIFICHE IN MATERIA ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI DEL PUBBLICO MINISTERO
Testo vigente
Proposta di modifica
D.LGS. 20 febbraio 2006, n. 106
(Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25 luglio 2005, n. 150)
Art. 1
(Attribuzioni del procuratore della Repubblica)
Art. 1
(Attribuzioni del procuratore della Repubblica)
1. Il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, è titolare esclusivo dell'azione penale e la esercita nei modi e nei termini fissati dalla legge.
2. Il procuratore della Repubblica assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio.
3. Il procuratore della Repubblica può designare, tra i procuratori aggiunti, il vicario, il quale esercita le medesime funzioni del procuratore della Repubblica per il caso in cui sia assente o impedito ovvero l'incarico sia rimasto vacante.
4. Il procuratore della Repubblica può delegare ad uno o più procuratori aggiunti ovvero anche ad uno o più magistrati addetti all'ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo.
5. Nella designazione di cui al comma 3 e nella attribuzione della delega di cui al comma 4, il procuratore della Repubblica può stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o della delega.
6. Il procuratore della Repubblica determina:
a) i criteri di organizzazione dell'ufficio;
b) i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio;
c) le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.
7. I provvedimenti con cui il procuratore della Repubblica adotta o modifica i criteri di cui al comma 6 devono essere trasmessi al Consiglio superiore della magistratura.
1. Il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, è titolare esclusivo dell'azione penale e la esercita nei modi e nei termini fissati dalla legge.
2. Il procuratore della Repubblica assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio.
3. Il procuratore della Repubblica designa, tra i procuratori aggiunti, il vicario, il quale esercita le medesime funzioni del procuratore della Repubblica per il caso in cui sia assente o impedito ovvero l'incarico sia rimasto vacante.
4. Il procuratore della Repubblica, con il provvedimento organizzativo di cui all’articolo 1-bis, delega a ciascuno dei procuratori aggiunti ovvero ad uno o più magistrati addetti all’ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo.
5. Nella designazione di cui al comma 3 e nella attribuzione della delega di cui al comma 4, il procuratore della Repubblica, stabilisce, in via generale con apposito provvedimento, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o della delega.
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Art. 1-bis.
(Organizzazione degli uffici requirenti)
1. I procuratori generali presso le Corti di appello e i Procuratori della Repubblica determinano:
a) i criteri di organizzazione dell'ufficio;
b) i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del proprio ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o altro magistrato;
c) le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.
2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati dai procuratori generali presso le Corti di appello o dai procuratori della Repubblica sentiti i magistrati del proprio ufficio.
3. I provvedimenti adottati dal procuratore generale sono trasmessi al presidente della Corte di appello e successivamente al Consiglio superiore della magistratura.
4. I provvedimenti adottati dal procuratore della Repubblica sono trasmessi al presidente del tribunale, al presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati ed al procuratore generale presso la Corte di appello. Il procuratore generale può restituirli con osservazioni, cui il procuratore della Repubblica è tenuto a rispondere. Il procuratore della Repubblica trasmette i provvedimenti al Consiglio superiore della magistratura unitamente alle osservazioni del procuratore generale.
5. Il Consiglio superiore della magistratura prende atto o formula osservazioni sui provvedimenti trasmessi. Alle osservazioni il capo dà risposta entro trenta giorni dalla comunicazione.
Art. 6.
(Attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello)
Art. 6
(Attività di coordinamento e vigilanza dei procuratori generali)
1. Il procuratore generale presso la corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo, nonché il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, acquisisce dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto ed invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno annuale.
1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione, al fine di favorire l’adozione di criteri organizzativi omogenei e funzionali da parte dei procuratori della Repubblica e la diffusione di buone prassi negli uffici requirenti, coordina periodiche riunioni tra i procuratori generali presso le Corti di appello all’esito delle quali vengono formulate linee guida organizzative da trasmettere al Consiglio superiore della magistratura per l’approvazione.
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2. Il procuratore generale presso la Corte di appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo, nonché il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, acquisisce dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto, che devono rispondere tempestivamente, ed invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno annuale, segnalando quanto rilevato nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza.
Regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12
(Ordinamento giudiziario)
Art. 7-bis
(Tabelle degli uffici giudicanti)
Art. 7-bis
(Tabelle degli uffici giudicanti)
1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell'articolo 47-bis, secondo comma, l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47-ter, terzo comma, 47-quater, secondo comma, e 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni triennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il triennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. La violazione dei criteri per l'assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati.
2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'art. 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del triennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare.
1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell'articolo 47-bis, secondo comma, l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47-ter, terzo comma, 47-quater, secondo comma, e 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni triennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il triennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. La violazione dei criteri per l'assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati.
2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell'art. 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del triennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare.
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2-bis. Possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell'udienza preliminare solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Le funzioni di giudice dell'udienza preliminare sono equiparate a quelle di giudice del dibattimento.
2-ter. Il giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché il giudice dell'udienza preliminare non possono esercitare tali funzioni oltre il periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni. Qualora alla scadenza del termine essi abbiano in corso il compimento di un atto del quale sono stati richiesti, l'esercizio delle funzioni è prorogato, limitatamente al relativo procedimento, sino al compimento dell'attività medesima.
[2-quater. Il tribunale in composizione monocratica è costituito da un magistrato che abbia esercitato la funzione giurisdizionale per non meno di tre anni.]
2-quinquies. Le disposizioni dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater possono essere derogate per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio. Si applicano, anche in questo caso, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte, sentito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione.
3-bis. Al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giudiziari sono istituite le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti che ricomprendono tutti i magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici.
3-ter. Il Consiglio superiore della magistratura individua gli uffici giudiziari che rientrano nella medesima tabella infradistrettuale e ne dà immediata comunicazione al Ministro di grazia e giustizia per la emanazione del relativo decreto.
3-quater. L'individuazione delle sedi da ricomprendere nella medesima tabella infradistrettuale è operata sulla base dei seguenti criteri:
2-bis. Possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell'udienza preliminare solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Le funzioni di giudice dell'udienza preliminare sono equiparate a quelle di giudice del dibattimento.
2-ter. Il giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché il giudice dell'udienza preliminare non possono esercitare tali funzioni oltre il periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni. Qualora alla scadenza del termine essi abbiano in corso il compimento di un atto del quale sono stati richiesti, l'esercizio delle funzioni è prorogato, limitatamente al relativo procedimento, sino al compimento dell'attività medesima.
[2-quater. Il tribunale in composizione monocratica è costituito da un magistrato che abbia esercitato la funzione giurisdizionale per non meno di tre anni.]
2-quinquies. Le disposizioni dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater possono essere derogate per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio. Si applicano, anche in questo caso, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte, sentito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione.
3-bis - soppresso
3-ter - soppresso
3-quater - soppresso
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a) l'organico complessivo degli uffici ricompresi non deve essere inferiore alle quindici unità per gli uffici giudicanti;
b) le tabelle infradistrettuali dovranno essere formate privilegiando l'accorpamento tra loro degli uffici con organico fino ad otto unità se giudicanti e fino a quattro unità se requirenti;
c) nelle esigenze di funzionalità degli uffici si deve tener conto delle cause di incompatibilità funzionali dei magistrati;
d) si deve tener conto delle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi e dei collegamenti viari, in modo da determinare il minor onere per l'erario.
3-quinquies. Il magistrato può essere assegnato anche a più uffici aventi la medesima attribuzione o competenza, ma la sede di servizio principale, ad ogni effetto giuridico ed economico, è l'ufficio del cui organico il magistrato fa parte. La supplenza infradistrettuale non opera per le assenze o impedimenti di durata inferiore a sette giorni.
3-sexies. Per la formazione ed approvazione delle tabelle di cui al comma 3-bis, si osservano le procedure previste dal comma 2.
3-quinquies - soppresso
3-sexies - soppresso
3-bis. Il presidente della Corte di appello, su parere favorevole del Consiglio giudiziario, può chiedere l’istituzione, in primo e secondo grado, di sezioni specializzate con competenza distrettuale, relative a una o più materie di specifica rilevanza territoriale. La predetta sezione può essere costituita unicamente presso la sede capoluogo di distretto o articolarsi presso la sede distrettuale con magistrati che operano anche in uno o più tribunali del distretto, tenuto conto del flusso di procedimenti della materia. I magistrati componenti della sezione distrettuale specializzata che operano presso Tribunali diversi da quello capoluogo del distretto continuano a far parte di detti tribunali, avendo rapporto unicamente funzionale con la sezione distrettuale. Il Consiglio superiore della magistratura dispone l’istituzione della sezione specializzata e può disporre che l’assegnazione alla sezione specializzata distrettuale avvenga con pubblicazione separata.
3-ter. La ripartizione degli affari all’interno della sezione distrettuale è disciplinata in via tabellare.
Art. 76
(Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione)
Art. 76
(Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione)
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1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:
a) in tutte le udienze penali;
b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile.
2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.
1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:
a) in tutte le udienze penali;
b) in tutte le udienze dinanzi alle sezioni unite della Corte di cassazione; tuttavia, nei casi di cui all’articolo 374, secondo comma, del codice di procedura civile, può tenere luogo dell’intervento il deposito di conclusioni motivate in cancelleria nel termine di cui all’articolo 378 del medesimo codice.
2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.
CODICE DI PROCEDURA CIVILE
Art. 376
(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni).
Art. 376
(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni).
Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5). Se la sezione non definisce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all'assegnazione alle sezioni semplici.
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell'udienza di discussione del ricorso.
All'udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.
Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5). Se la sezione non definisce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all'assegnazione alle sezioni semplici.
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell'udienza di discussione del ricorso.
All'udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto d'ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.
Art. 380-ter
(Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza).
Art. 380-ter
(Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione).
Nei casi previsti dall'articolo 375, primo comma, numero 4), il presidente, se non provvede ai sensi dell'articolo 380-bis, primo comma, richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.
Le conclusioni ed il decreto del presidente che fissa l'adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se
Nei casi di regolamento di giurisdizione, il presidente, se non provvede ai sensi dell’articolo 380-bis, primo comma, richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.
Le conclusioni ed il decreto del presidente che fissa l'adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie non oltre
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compaiono, limitatamente al regolamento di giurisdizione.
Non si applica la disposizione del quinto comma dell'articolo 380-bis.
cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.
Non si applica la disposizione del quinto comma dell'articolo 380-bis.
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SULL’ACCESSO IN MAGISTRATURA
ART. [……]
(DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELLA DISCIPLINA DELLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE PER LE PROFESSIONI LEGALI)
1. Il Governo, al fine di qualificare e definire il percorso formativo post universitario delle scuole di specializzazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, quale canale di accesso al concorso per magistrato ordinario, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la modifica della predetta disciplina, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere l’istituzione di scuole esclusivamente destinate all’accesso in magistratura. Ridefinire i criteri per la determinazione del numero di laureati da ammettere alle scuole di specializzazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, introducendo come parametro il numero dei posti relativi agli ultimi concorsi di magistrato ordinario.
b) ridurre la durata delle scuole di specializzazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398 sino ad un massimo di 18 mesi e, conseguentemente, ridefinire i modelli didattici di formazione, stabilendo che devono contenere corsi sia di tipo pratico che teorico e prevedendo la piena autonomia didattica delle scuole, salva l’omogeneità dell’insegnamento nelle materie oggetto di prova scritta del concorso per l’accesso in magistratura;
c) introdurre misure volte ad incentivare la possibilità delle scuole di specializzazione di consorziarsi al fine di ridurne il numero complessivo sul territorio nazionale per garantire un’offerta formativa maggiormente omogenea e qualificata;
d) prevedere un esame unico nazionale, cui far conseguire il rilascio del diploma di specializzazione.
e) prevedere che i laureati in possesso dei requisiti per l’accesso diretto al concorso in magistratura possano frequentare i corsi pratici delle scuole di specializzazione senza obbligo di sostenere l’esame finale.
2. La riforma realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
3. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e successivamente trasmessi al Parlamento ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia. I pareri, non vincolanti, sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri stessi. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 2, o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
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D. LGS. 5/4/2006, N. 160 Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150. Versione attuale Proposta Art. 1. (Concorso per magistrato ordinario) 1.La nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami bandito con cadenza di norma annuale in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo, per i quali può essere attivata la procedura di reclutamento. Art. 1 (Concorso per magistrato ordinario) 1. La nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami bandito con cadenza di norma annuale in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo, per i quali può essere attivata la procedura di reclutamento. 2. Il concorso per esami consiste in una prova scritta, effettuata con le procedure di cui all'articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni, e in una prova orale. 3. La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati teorici, rispettivamente vertenti sul diritto civile, sul diritto penale e sul diritto amministrativo.
3. La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati, rispettivamente vertenti sul diritto civile, sul diritto penale e sul diritto amministrativo. Due elaborati sono di natura teorica e il terzo di natura pratica, consistente nella redazione di una sentenza, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale. L’abbinamento fra i tre elaborati e le tre materie è sorteggiato dalla Commissione. 4. La prova orale verte su: a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; b) procedura civile; c) diritto penale; d) procedura penale; e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario; f) diritto commerciale e fallimentare; g) diritto del lavoro e della previdenza sociale; h) diritto comunitario; i) diritto internazionale pubblico e privato; l) elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario; m) colloquio su una lingua straniera, indicata dal candidato all'atto della domanda di partecipazione al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco. 4. La prova orale verte su: a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; b) procedura civile; c) diritto penale; d) procedura penale; e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario; f) diritto commerciale e fallimentare; g) diritto del lavoro e della previdenza sociale; h) diritto dell’Unione europea; i) diritto internazionale pubblico e privato; l) elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario; m) colloquio su una lingua straniera, indicata dal candidato all'atto della domanda di partecipazione al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco.
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5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono l'idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere da a) a l), e un giudizio di sufficienza nel colloquio sulla lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti. Non sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula «non idoneo». 5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono l'idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere da a) a l), e un giudizio di sufficienza nel colloquio sulla lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti. Non sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula «non idoneo». 6. Con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o di entrambe le sottocommissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti. 6. Con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o di entrambe le sottocommissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti. 7. Nulla è innovato in ordine agli specifici requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano, fermo restando, comunque, che la lingua straniera prevista dal comma 4, lettera m), del presente articolo deve essere diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell'impiego. 7. Nulla è innovato in ordine agli specifici requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano, fermo restando, comunque, che la lingua straniera prevista dal comma 4, lettera m), del presente articolo deve essere diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell'impiego
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Versione attuale Proposta Art. 2 (Requisiti per l'ammissione al concorso per esami) 1. Al concorso per esami, tenuto conto che ai fini dell'anzianità minima di servizio necessaria per l'ammissione non sono cumulabili le anzianità maturate in più categorie fra quelle previste, sono ammessi: a) i magistrati amministrativi e contabili; b) i procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; c) i dipendenti dello Stato, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; d) gli appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; e) i dipendenti, con qualifica dirigenziale o appartenenti alla ex area direttiva, della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica o, comunque, nelle predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; f) gli avvocati iscritti all'albo che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; Art. 2 (Requisiti per l'ammissione al concorso per esami) 1. Al concorso per esami, tenuto conto che ai fini dell'anzianità minima di servizio necessaria per l'ammissione non sono cumulabili le anzianità maturate in più categorie fra quelle previste, sono ammessi: a) i magistrati amministrativi e contabili; b) i procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; c) i dipendenti dello Stato, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; d) gli appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; e) i dipendenti, con qualifica dirigenziale o appartenenti alla ex area direttiva, della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica o, comunque, nelle predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; f) soppresso
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g) coloro i quali hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno sei anni senza demerito, senza essere stati revocati e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; h) i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; i) i laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda laurea, ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; l) i laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda laurea, ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162. g) coloro i quali hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno sei anni senza demerito, senza essere stati revocati e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; h) i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; i) soppresso l) soppresso 1-bis. Al concorso sono ammessi altresì, anche se privi dei requisiti di cui al comma 1, i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che abbiano riportato una media di almeno 28/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, nonchè un punteggio di laurea non inferiore a 108/110.
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2. Sono ammessi al concorso per esami i candidati che soddisfino le seguenti condizioni; a) essere cittadino italiano; b) avere l'esercizio dei diritti civili; b-bis) essere di condotta incensurabile (11); b-ter) non essere stati dichiarati per tre volte non idonei nel concorso per esami di cui all'articolo 1, comma 1, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda (12); c) possedere gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti. 2. Sono ammessi al concorso per esami i candidati che soddisfino le seguenti condizioni; a) essere cittadino italiano; b) avere l'esercizio dei diritti civili; b-bis) essere di condotta incensurabile (11); b-ter) non essere stati dichiarati per tre volte non idonei nel concorso per esami di cui all'articolo 1, comma 1, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda (12); c) possedere gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti. 3. abrogato dal comma 3 dell'art. 1, L. 30 luglio 2007, n. 111. 3. abrogato dal comma 3 dell'art. 1, L. 30 luglio 2007, n. 111. 4. Il Consiglio superiore della magistratura non ammette al concorso i candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile. Qualora non si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta. 4. Il Consiglio superiore della magistratura non ammette al concorso i candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile. Qualora non si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta. 5. Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei requisiti per l'ammissione al concorso di cui al presente articolo, anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999. L'accesso al concorso avviene con le modalità di cui al presente articolo.
5. Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei requisiti per l'ammissione al concorso di cui al presente articolo, anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999.
L'accesso al concorso avviene con le modalità di cui al presente articolo.
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TIROCINIO E ASSEGNAZIONE DELLE PRIME FUNZIONI AI M.O.T.
D.LGS. 30 gennaio 2006, n. 26
Istituzione della scuola superiore della magistratura, nonchè disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1 lett. b, della Legge 25 luglio 2005, n. 150
Versione attuale
Proposta
Art. 18.
(Durata)
1. Il tirocinio dei magistrati ordinari nominati a seguito di concorso per esame, di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, ha la durata di diciotto mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari. Le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio sono definite con delibera del Consiglio superiore della magistratura.
Art. 18.
(Durata)
1. Il tirocinio dei magistrati ordinari nominati a seguito di concorso per esame, di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, ha la durata di diciotto mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di tre mesi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di quindici mesi, effettuata presso gli uffici giudiziari. Le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio sono definite con delibera del Consiglio superiore della magistratura.
D.LGS. 5 APRILE 2006, N. 160
Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.
Versione attuale
Proposta
Art.13.
(Attribuzione delle funzioni e passaggio dalla funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa)
1. L'assegnazione di sede, il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive sono disposti dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato, previo parere del consiglio giudiziario . 1-bis. Il Consiglio superiore della Magistratura provvede al conferimento delle funzioni direttive e semidirettive: a) nel caso di collocamento a riposo del titolare per raggiunto limite di età o di decorrenza del termine ottennale previsto dagli articoli 45 e 46 del presente decreto, entro la data di vacanza del relativo ufficio; b) negli altri casi, entro sei mesi dalla pubblicazione della vacanza.
Art. 13.
(Attribuzione delle funzioni e passaggio dalla funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa)
1.L’assegnazione di sede, il passaggio delle funzioni giudicanti a quelle requirenti, il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive sono disposti dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato, previo parere del consiglio giudiziario. 1-bis. Il Consiglio superiore della Magistratura provvede al conferimento delle funzioni direttive e semidirettive: a) nel caso di collocamento a riposo del titolare per raggiunto limite di età o di decorrenza del termine ottennale previsto dagli articoli 45 e 46 del presente decreto, entro la data di vacanza del relativo ufficio; b) negli altri casi, entro sei mesi dalla pubblicazione della vacanza.
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1-ter. In caso di inosservanza dei termini di cui al comma 1-bis, il presidente della Commissione referente, entro il termine di trenta giorni, provvede alla formulazione della proposta. 2. I magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni giudicanti monocratiche penali, salvo che per i reati di cui all'articolo 550 del codice di procedura penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell'udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità. 3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all'interno dello stesso distretto, nè all'interno di altri distretti della stessa regione, nè con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall'interessato, per non più di quattro volte nell'arco dell'intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell'ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonchè sostituendo al presidente della corte d'appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima. 4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni 1-ter. In caso di inosservanza dei termini di cui al comma 1-bis, il presidente della Commissione referente, entro il termine di trenta giorni, provvede alla formulazione della proposta.
2. I magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità. 3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all'interno dello stesso distretto, nè all'interno di altri distretti della stessa regione, nè con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall'interessato, per non più di quattro volte nell'arco dell'intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell'ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonchè sostituendo al presidente della corte d'appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima. 4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni
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giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all'interno dello stesso distretto, all'interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento. 5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche. 6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all'articolo 10, commi 15 e 16, nonchè, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa. 7. [Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai magistrati in servizio nella provincia autonoma di Bolzano relativamente al solo circondario].
giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all'interno dello stesso distretto, all'interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento. 5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche. 6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all'articolo 10, commi 15 e 16, nonchè, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa. 7. [Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai magistrati in servizio nella provincia autonoma di Bolzano relativamente al solo circondario].
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MOBILITA’
R.D. 30 GENNAIO 1941, N. 12
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Versione attuale
Proposta
Art.194
(Tramutamenti successivi)
1. Il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell’ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.
Art. 194
(Tramutamenti successivi)
1. Il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di quattro anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell’ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.
2. Il termine è ridotto a tre anni per la prima assegnazione di sede dei magistrati ordinari all’esito del tirocinio.
3.Il termine è ridotto ad un anno per il presidente aggiunto della corte di cassazione, per il presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche, per il procuratore generale aggiunto presso la corte di cassazione, per i presidenti di sezione della corte di cassazione, per gli avvocati generali della corte di cassazione.
Art.195
(Disposizioni speciali)
Le disposizioni degli articoli 192 e 194 non si applicano al presidente aggiunto della corte di cassazione, al presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche, al procuratore generale aggiunto presso la corte di cassazione, ai presidenti di sezione della corte di cassazione, agli avvocati generali della corte di cassazione, ai presidenti e ai procuratori generali di corte di appello.
Art. 195
( Disposizioni speciali)
soppresso
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D.L. 09/02/2012, n. 5
Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo.
Art. 35
(Disposizioni in materia di controllo societario e di trasferimento e conferimento di funzioni ai magistrati ordinari)
Art. 35
(Disposizioni in materia di controllo societario e di trasferimento e conferimento di funzioni ai magistrati ordinari)
1.(…);
2-bis. (…);
3. Salvo quanto stabilito dall' articolo 195 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 , e per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità, la disposizione dell' articolo 194 del medesimo regio decreto si
interpreta nel senso che il rispetto del termine ivi previsto è richiesto per tutti i trasferimenti o conferimenti di funzioni, anche superiori o comunque diverse da quelle ricoperte, dei magistrati ordinari.
3. Soppresso
4.(….)
L. 4 maggio 1998 n.133
Incentivi ai magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate
Art. 1
(Trasferimento d'ufficio).
1. Ai fini della presente legge, per trasferimento d'ufficio si intende ogni tramutamento dalla sede di servizio per il quale non sia stata proposta domanda dal magistrato, ancorché egli abbia manifestato il consenso o la disponibilità, e che determini lo spostamento in una delle sedi disagiate di cui al comma 2, comportando una distanza superiore ai 100 chilometri dalla sede ove
Art. 1
(Trasferimento d'ufficio).
1. soppresso
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il magistrato presta servizio. La presente legge non si applica alle assegnazioni di sede dei magistrati al termine del tirocinio, ai trasferimenti di cui all'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, e ai trasferimenti di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.
2. Per sede disagiata si intende l'ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:
a) mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione;
b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico.
3. Il Consiglio superiore della magistratura, con delibera, su proposta del Ministro della giustizia, individua annualmente le sedi disagiate, in numero non superiore a ottanta.
4. Alle sedi disagiate possono essere destinati d'ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate, che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità, in numero non superiore a centocinquanta unità. Il termine previsto dall'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, non opera per i tramutamenti nelle sedi disagiate di cui al comma 2.
5. Il Consiglio superiore della magistratura, accertati il consenso o la disponibilità dei magistrati, delibera con priorità in ordine al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate.
Art. 1-bis
ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 29 DICEMBRE 2009, N. 193, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 22 FEBBRAIO 2010, N. 24
Art. 2
(Indennità in caso di trasferimento d'ufficio)
1. Al magistrato trasferito d'ufficio ai sensi degli articoli 1 è attribuita, per il periodo di effettivo servizio nelle sedi disagiate e per un massimo di quattro anni, un'indennità mensile determinata in misura pari all'importo mensile dello stipendio tabellare previsto per
1. Per sede disagiata si intende l'ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:
a) mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione;
b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico.
2. Il Consiglio superiore della magistratura, con delibera, su proposta del Ministro della giustizia, individua annualmente le sedi disagiate, in numero non superiore a venti.
3. Alle sedi disagiate possono essere trasferiti magistrati provenienti da sedi non disagiate distanti più di cento chilometri, o assegnati magistrati al primo incarico in numero non superiore a cinquanta unità. Il termine previsto dall'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, non opera per i tramutamenti nelle sedi disagiate di cui al comma 2.
I magistrati che contemporaneamente beneficiano delle indennità per le sedi disagiate non possono superare le duecento unità.
4. Il Consiglio superiore della magistratura, accertati il consenso o la disponibilità dei magistrati, delibera con priorità in ordine al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate.
Art. 1-bis
ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 29 DICEMBRE 2009, N. 193, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 22 FEBBRAIO 2010, N. 24
Art. 2
(Indennità in caso di trasferimento d'ufficio)
1. Al magistrato trasferito o assegnato ai sensi dell’articolo 1 è attribuita, per il periodo di effettivo servizio nelle sedi disagiate e per un massimo di quattro anni, un'indennità mensile determinata in misura pari all'importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con tre anni di
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il magistrato ordinario con tre anni di anzianita'. L'effettivo servizio non include i periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa.
2. L'indennità di cui al comma 1 non è cumulabile con quella prevista dal primo e dal secondo comma dell'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
3. Al magistrato trasferito d'ufficio ai sensi degli articoli 1 l'aumento previsto dal secondo comma dell'articolo 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417, compete in misura pari a nove volte l'ammontare della indennità integrativa speciale in godimento.
Art. 3.
Trasferimento del coniuge
1. Al coniuge dipendente statale di un magistrato ordinario trasferito ad una sede disagiata, si applica l'articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 1987, n. 100, come modificato dal comma 2 dell'articolo 10 della legge 28 marzo 1997, n. 85.
2. Se il coniuge è anch'esso magistrato, la disposizione di cui al comma 1 si applica con riferimento agli uffici giudiziari, fatta salva la normativa sulle incompatibilità. In tal caso la
disposizione si intende riferita all'ufficio giudiziario più vicino.
Art. 4
Trasferimento d'ufficio
1.Nell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, della legge 16 ottobre 1991, n. 321, le parole: "o che vi abbiano assunto effettivo servizio da meno di due anni, ne' quelli" sono sostituite dalle seguenti: "Il magistrato assegnato o trasferito d'ufficio, compresa la prima assegnazione di sede degli uditori giudiziari, non può essere trasferito ad altra
anzianita'. L'effettivo servizio non include i periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa.
2. L'indennità di cui al comma 1 non è cumulabile con quella prevista dal primo e dal secondo comma dell'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
3. Al magistrato trasferito o assegnato ai sensi dell’articolo 1 l'aumento previsto dal secondo comma dell'articolo 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417, compete in misura pari a nove volte l'ammontare della indennità integrativa speciale in godimento.
Art. 3.
Trasferimento del coniuge
1. Al coniuge dipendente statale di un magistrato ordinario trasferito ad una sede disagiata, si applica l'articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 1987, n. 100, come modificato dal comma 2 dell'articolo 10 della legge 28 marzo 1997, n. 85.
2. Se il coniuge è anch'esso magistrato, la disposizione di cui al comma 1 si applica con riferimento agli uffici giudiziari, fatta salva la normativa sulle incompatibilità. In tal caso la
disposizione si intende riferita all'ufficio giudiziario più vicino.
3. L’art. 1, comma 5, della legge 10 marzo 1987 n.100 , come modificato dal comma 2 dell'articolo 10 della legge 28 marzo 1997, n. 85, si applica ai magistrati ordinari solo nel caso di trasferimento o assegnazione in sede disagiata.
Art. 4.
Trasferimento d'ufficio
Soppresso
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sede prima di due anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso, salvo che ricorrano gravi motivi di salute o gravi ragioni di servizio. Non possono essere altresì trasferiti i magistrati".
2. L'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall'articolo 2 della legge 16 ottobre 1991, n. 321, e da ultimo modificato dall'articolo 2 della legge 8 novembre 1991, n. 356, è sostituito dal seguente:
"Art. 194 (Tramutamenti successivi). - 1. Il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia".
1. COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 2 LUGLIO 2010, N. 104
2. Nel secondo comma dell'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n.27, dopo le parole: "trasferiti d'ufficio" sono inserite le seguenti: "o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità".
Art. 5
(Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate
a seguito di trasferimento d'ufficio).
1. Per i magistrati trasferiti d'ufficio a sedi disagiate ai sensi degli articoli 1 l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento per un posto di grado pari a quello occupato in precedenza, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede, fino al sesto anno di permanenza.
L'effettivo servizio è computato ai sensi del comma 1 dell'articolo 2.
2. Se la permanenza in effettivo servizio presso la sede disagiata supera i quattro anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni,
Art. 5
(Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate
a seguito di trasferimento d'ufficio).
1. Per i magistrati trasferiti o assegnati a sedi disagiate ai sensi degli articoli 1 l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento per un posto di grado pari a quello occupato in precedenza, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede, fino al sesto anno di permanenza.
L'effettivo servizio è computato ai sensi del comma 1 dell'articolo 2.
2. Se la permanenza in effettivo servizio presso la sede disagiata supera i quattro anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla
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anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi ovvero di funzioni di legittimità. La disposizione di
cui al comma 2 non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi.
Art. 5-bis
(Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di applicazione)
1. Fermo restando quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 5, per i magistrati applicati in sedi disagiate l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, con l'aumento della meta' per ogni mese di servizio trascorso nella sede. Le frazioni di servizio inferiori al mese non sono considerate.
sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze.
3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi ovvero di funzioni di legittimità. La disposizione di
cui al comma 2 non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi.
4. L’indennità di cui all’art. 2 spetta unicamente ai magistrati trasferiti o assegnati a sede disagiata. I magistrati già in servizio presso una sede successivamente dichiarata disagiata possono beneficiare della valutazione dei servizi di cui all’art. 5 co. 1 solo per gli anni di effettivo servizio svolti successivamente alla qualificazione della sede come disagiata.
Art. 5-bis
(Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di applicazione)
1. Fermo restando quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 5, per i magistrati applicati in sedi disagiate l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, con l'aumento della meta' per ogni mese di servizio trascorso nella sede. Le frazioni di servizio inferiori al mese non sono considerate.
D.LGS. 5 APRILE 2006 N. 160
Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera a, della L. 25 luglio 2005, n. 150
Art. 19
(Permanenza nell'incarico presso lo stesso ufficio)
1. Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per per un periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura con proprio regolamento tra un minimo di cinque e un massimo di dieci anni a seconda delle differenti funzioni; il Consiglio superiore può disporre la proroga dello svolgimento delle medesime funzioni limitatamente alle udienze preliminari
Art. 19
(Permanenza nell'incarico presso lo stesso ufficio)
1 Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per per un periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura con proprio regolamento tra un minimo di cinque e un massimo di dieci anni a seconda delle differenti funzioni; il Consiglio superiore può disporre la proroga dello svolgimento delle medesime funzioni limitatamente alle udienze preliminari
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già iniziate e per i procedimenti penali per i quali sia stato già dichiarato aperto il dibattimento, e per un periodo non superiore a due anni.
2. Nei due anni antecedenti la scadenza del termine di permanenza di cui al comma 1 ai magistrati non possono essere assegnati procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di permanenza nell'incarico.
2-bis. Il magistrato che, alla scadenza del periodo massimo di permanenza, non abbia presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all' interno dell'ufficio o ad altro ufficio è assegnato ad altra posizione tabellare o ad altro gruppo di lavoro con provvedimento del capo dell'ufficio immediatamente esecutivo. Se ha presentato domanda almeno sei mesi prima della scadenza del termine, può rimanere nella stessa posizione fino alla decisione del Consiglio superiore della magistratura e, comunque, non oltre sei mesi dalla scadenza del termine stesso.
già iniziate e per i procedimenti penali per i quali sia stato già dichiarato aperto il dibattimento, e per un periodo non superiore a due anni. Per i magistrati degli uffici di sorveglianza il termine di permanenza è di dieci anni. Gli stessi, decorso il termine, sono assegnati a loro domanda con precedenza assoluta ad altro ufficio di sorveglianza. In assenza di diverse domande, scaduto il termine, sono assegnati di ufficio alla Corte di Appello sezione penale. I magistrati delle sezioni lavoro, del tribunale dei minori e delle procure presso i minori dopo una permanenza di dieci anni nell’ufficio e sino ai quindici anni hanno precedenza assoluta al trasferimento in altro ufficio del lavoro, anche di appello, o minorile, anche nella sezione di appello. Non si applicano, limitatamente ai magistrati degli uffici minorili, i limiti di passaggio dagli uffici giudicanti a quelli requirenti e viceversa.
2. Nei due anni antecedenti la scadenza del termine di permanenza di cui al comma 1 ai magistrati non possono essere assegnati procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di permanenza nell'incarico. In ogni sezione o gruppo di lavoro possono essere trasferiti ogni anno non più di una unità in caso di sezioni composte da meno di 10 magistrati o del 10 % dei magistrati presenti in caso di sezioni di dimensioni maggiori.
2-bis. Il magistrato che, alla scadenza del periodo massimo di permanenza, non abbia presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all' interno dell'ufficio o ad altro ufficio è assegnato ad altra posizione tabellare o ad altro gruppo di lavoro con provvedimento del capo dell'ufficio immediatamente esecutivo. Se ha presentato domanda almeno sei mesi prima della scadenza del termine, può rimanere nella stessa posizione fino alla decisione del Consiglio superiore della magistratura e, comunque, non oltre sei mesi dalla scadenza del termine stesso.
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R.D. 30 GENNAIO 1941 N. 12
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Art. 10-bis
(Termine per l'assunzione delle funzioni in caso di tramutamenti successivi)
Art. 10-bis
(Termine per l'assunzione delle funzioni in caso di tramutamenti successivi) Il Consiglio superiore della magistratura espleta, di regola due volte all'anno, le procedure di tramutamento successivo dei magistrati e le definisce entro quattro mesi. Il Ministro della giustizia adotta un solo decreto per tutti i magistrati tramutati nell'ambito della medesima procedura indetta con unica delibera del Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura, nel disporre il tramutamento che comporta o rende più grave una scopertura del trentacinque per cento dell'organico dell'ufficio giudiziario di appartenenza del magistrato interessato alla procedura, delibera la sospensione dell'efficacia del provvedimento sino alla delibera di copertura del posto lasciato vacante. La sospensione dell'efficacia di cui al periodo che precede cessa comunque decorsi sei mesi dall'adozione della delibera. Il presente comma non si applica quando l'ufficio di destinazione oggetto della delibera di tramutamento ha una scopertura uguale o superiore alla percentuale di scopertura dell'ufficio di provenienza. Si applicano le disposizioni dell'articolo 10. Il Consiglio superiore della magistratura espleta, due volte all'anno, le procedure di tramutamento successivo dei magistrati e le definisce entro quattro mesi. Il Ministro della giustizia adotta contemporaneamente i decreti per tutti i magistrati tramutati nell'ambito della medesima procedura, indetta con unica delibera del Consiglio superiore della magistratura, quando siano coperti i due terzi dei posti messi a concorso. Tutti i magistrati trasferiti prendono possesso contestualmente. Il Ministro della Giustizia, sentito il C.S.M., può stabilire una diversa data pubblicata sul bollettino ufficiale. Il Consiglio superiore della magistratura, nel disporre il tramutamento che comporta o rende più grave una scopertura del trentacinque per cento dell'organico dell'ufficio giudiziario di appartenenza del magistrato interessato alla procedura, delibera la sospensione dell'efficacia del provvedimento sino alla delibera di copertura del posto lasciato vacante. La sospensione dell'efficacia di cui al periodo che precede cessa comunque decorsi sei mesi dall'adozione della delibera. Il presente comma non si applica quando l'ufficio di destinazione oggetto della delibera di tramutamento ha una scopertura uguale o superiore alla percentuale di scopertura dell'ufficio di provenienza. Si applicano le disposizioni dell'articolo 10. Art. 110 (Applicazione dei magistrati) 1. Possono essere applicati, ai tribunali ordinari, ai tribunali per i minorenni e di sorveglianza, alle corti di appello, indipendentemente dalla integrale copertura del relativo organico, quando le esigenze Art. 110 (Applicazione dei magistrati) 1. Quando prevalenti esigenze di servizio o di adeguata funzionalità non possono trovare soluzione con le ordinarie procedure tabellari, possono essere applicati ai tribunali ordinari, ai
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di servizio in tali uffici sono imprescindibili e prevalenti, uno o più magistrati in servizio presso gli organi giudicanti del medesimo o di altro distretto; per gli stessi motivi possono essere applicati a tutti gli uffici del pubblico ministero di cui all’art. 70, comma 1, sostituti procuratori in servizio presso gli uffici di procura del medesimo o di altro distretto. I magistrati di tribunale possono essere applicati per svolgere funzioni, anche direttive, di magistrato di corte d’appello. tribunali per i minorenni e di sorveglianza e alle corti di appello, indipendentemente dalla integrale copertura del relativo organico, uno o più magistrati in servizio presso il medesimo ufficio o presso gli organi giudicanti del medesimo distretto o di altro distretto; per gli stessi motivi possono essere applicati a tutti gli uffici del pubblico ministero di cui all’art. 70, comma 1, sostituti procuratori in servizio presso gli uffici di procura del medesimo distretto o di altro distretto. I magistrati di tribunale possono essere applicati per svolgere funzioni, anche direttive, di magistrato di corte d’appello. 2. La scelta dei magistrati da applicare è operata secondo criteri obiettivi e predeterminati indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. L’applicazione è disposta con decreto motivato, sentito il consiglio giudiziario, dal presidente della corte di appello per i magistrati in servizio presso gli organi giudicanti del medesimo distretto e dal procuratore generale presso gli uffici del pubblico ministero. Copia del decreto è trasmessa al Consiglio Superiore della magistratura e al Ministro di grazia e giustizia a norma dell’art. 42 del regio decreto del Presidente della repubblica 16 settembre 1958, n. 916. 2. L’applicazione è disposta con decreto motivato, previo interpello e sentito il consiglio giudiziario, dal presidente del tribunale per i magistrati in servizio presso lo stesso ufficio ove deve operare l’applicazione, dal presidente della corte di appello per i magistrati in servizio presso gli organi giudicanti del medesimo distretto e dal procuratore generale presso gli uffici del pubblico ministero. In mancanza di aspiranti l’applicazione può essere disposta d’ufficio per una durata massima di novanta giorni. Copia del decreto è trasmessa al Consiglio Superiore della magistratura e al Ministro della giustizia a norma dell’art. 42 del regio decreto del Presidente della repubblica 16 settembre 1958, n. 916. 3. Per i magistrati in servizio presso gli organi giudicanti o uffici del pubblico ministero di altro distretto l’applicazione è disposta dal Consiglio Superiore della magistratura, nel rispetto di criteri obiettivi e predeterminati fissati in via generale ai sensi del comma 2, su richiesta motivata del Ministro di grazia e giustizia ovvero del presidente o, rispettivamente, del procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l’organo o l’ufficio al quale si riferisce l’applicazione, sentito il consiglio giudiziario del distretto nel quale presta servizio il magistrato che dovrebbe essere applicato. L’applicazione è disposta con preferenza per il distretto più vicino; deve essere sentito il presidente o il procuratore generale della corte di appello nel cui distretto il magistrato da applicare, scelto dal Consiglio superiore della magistratura, esercita le funzioni. 3. Per i magistrati in servizio presso gli organi giudicanti o uffici del pubblico ministero di altro distretto l’applicazione è disposta, previo interpello, dal Consiglio Superiore della magistratura, su richiesta motivata del Ministro della giustizia ovvero del presidente o, rispettivamente, del procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l’organo o l’ufficio al quale si riferisce l’applicazione, sentito il consiglio giudiziario del distretto nel quale presta servizio il magistrato che dovrebbe essere applicato. L’applicazione è disposta con preferenza per il distretto più vicino; deve essere sentito il presidente o il procuratore generale della corte di appello nel cui distretto il magistrato da applicare, scelto dal Consiglio superiore della magistratura, esercita le funzioni. Possono essere applicati agli uffici giudicanti di altri distretti anche magistrati che svolgono funzioni requirenti e agli uffici requirenti anche magistrati che svolgono funzioni giudicanti, purchè abbiano maturato una
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significativa esperienza nelle medesime funzioni per le quali deve operare l'applicazione. Non opera il limite di cui al 5° comma dell’art. 13 d.lgs. 160\2006. 3-bis. Quando l’applicazione prevista dal comma 3 deve essere disposta per gli uffici dei distretti di Corte di appello di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Salerno, Reggio di Calabria, il Consiglio superiore della magistratura provvede d’urgenza nel termine di quindici giorni dalla richiesta; per ogni altro ufficio provvede entro trenta giorni. 3-bis. Quando l’applicazione prevista dal comma 3 deve essere disposta per gli uffici dei distretti di Corte di appello di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Salerno, Reggio di Calabria, il Consiglio superiore della magistratura provvede d’urgenza nel termine di quindici giorni dalla richiesta; per ogni altro ufficio provvede entro trenta giorni. 4. Il parere del consiglio giudiziario di cui ai commi 2 e 3 è espresso, sentito previamente l’interessato, nel termine perentorio di quindici giorni dalla richiesta. 4. Il parere del consiglio giudiziario di cui ai commi 2 e 3 è espresso, sentito previamente l’interessato, nel termine perentorio di quindici giorni dalla richiesta. 5. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato può essere rinnovata per un periodo non superiore ad un anno. In ogni caso una ulteriore applicazione non può essere disposta se non siano decorsi due anni dalla fine del periodo precedente. In casi di eccezionale rilevanza da valutarsi da parte del Consiglio superiore della Magistratura, l’applicazione può essere disposta limitatamente ai soli procedimenti di cui all’ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo massimo di un anno. Alla scadenza del periodo di applicazione al di fuori del distretto di appartenenza, il magistrato che abbia in corso la celebrazione di uno o più dibattimenti, relativi a procedimenti per uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, è prorogato nell’esercizio delle funzioni limitatamente a tali procedimenti. 5. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato può essere rinnovata per un periodo non superiore ad un anno. In ogni caso una ulteriore applicazione non può essere disposta se non siano decorsi due anni dalla fine del periodo precedente. In casi di particolare rilevanza da valutarsi da parte del Consiglio superiore della Magistratura, l’applicazione può essere disposta limitatamente ai soli procedimenti di cui all’ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo di un anno. Alla scadenza del periodo di applicazione al di fuori del distretto di appartenenza, il magistrato che abbia in corso la celebrazione di uno o più dibattimenti, relativi a procedimenti per uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, è prorogato nell’esercizio delle funzioni limitatamente a tali procedimenti. 6. Non può far parte di un collegio più di un magistrato applicato. 6. Non può far parte di un collegio più di un magistrato applicato 7. Se le esigenze indicate nel comma 1 sono determinate dalla pendenza di uno o più procedimenti penali la cui trattazione si prevede di durata particolarmente lunga, il magistrato applicato presso gli organi giudicanti non può svolgere attività in tali procedimenti, salvo che si tratti di procedimenti per uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. 7. Se le esigenze indicate nel comma 1 sono determinate dalla pendenza di uno o più procedimenti penali la cui trattazione si prevede di durata particolarmente lunga, il magistrato applicato presso gli organi giudicanti non può svolgere attività in tali procedimenti, salvo che si tratti di procedimenti per uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
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8. Anche in deroga ai criteri di cui al comma 1°, il magistrato trasferito ad altra sede può essere applicato all’ufficio di provenienza per assicurare la definizione di uno o più processi specificamente individuati e incardinati antecedentemente alla delibera di trasferimento. Qualora il magistrato sia stato trasferito ad altra sede del medesimo distretto, l’applicazione è disposta, valutato lo stato del processo, rispettivamente, dal presidente della corte di appello e dal procuratore generale. Nel caso di trasferimento ad altra sede fuori del distretto, provvede il Consiglio Superiore della magistratura su richiesta motivata del presidente della Corte di appello e del procuratore generale nel cui distretto è in corso la celebrazione del processo.
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CONFERIMENTO DI UFFICI DIRETTIVI E SEMIDIRETTIVI
NORMA PRIMARIA
Art. 1
1. In conformità delle deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura, all’esito di apposita procedura concorsuale, gli uffici direttivi sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Ministro della Giustizia, e gli uffici semidirettivi sono conferiti con decreto del Ministro della Giustizia.
2. La motivazione delle deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura consiste nella comparazione tra le figure professionali dei candidati svolta in forma unitaria e sintetica, con indicazione specifica delle sole ragioni di preferenza per il candidato prescelto, nel rispetto dei criteri generali di cui all’art. 2 e della eventuale disciplina integrativa del Consiglio Superiore della Magistratura, adottata nell’esercizio della sua autonomia normativa.
Art. 2.
1. Gli uffici direttivi e semidirettivi sono conferiti previo accertamento della sussistenza dei requisiti di indipendenza e di imparzialità e a seguito della valutazione delle attitudini e del merito dei candidati.
2. Le attitudini si desumono anzitutto dalle esperienze di gestione, diretta o in collaborazione, degli uffici, anche senza esercizio di funzioni direttive e semidirettive; dalle esperienze organizzative; dai tempi di definizione degli affari; dai pareri dei Consigli giudiziari e da quanto attestato nell’autorelazione del candidato.
3. Il merito si desume anzitutto dalla laboriosità, dalla diligenza e dall’impegno; dalla preparazione giuridica; dalla pluralità delle esperienze, tra cui rilevano anche quelle di servizio prestato presso organi costituzionali o di rilievo costituzionale; dai pareri dei Consigli giudiziari e da quanto attestato nell’autorelazione del candidato.
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DECRETO LEGISLATIVO 5 APRILE 2006, N. 160 Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.
Versione attuale
Proposta
Art. 45
(Temporaneità delle funzioni direttive)
1. Le funzioni direttive di cui all’articolo 10, commi da 10 a 16, hanno natura temporanea e sono conferite per la durata di quattro anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato, previo concerto con il Ministro della giustizia, per un’ulteriore sola volta, per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell’attività` svolta. In caso di valutazione negativa, il magistrato non può partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi per cinque anni.
Art. 45
(Temporaneità delle funzioni direttive)
1. Le funzioni direttive di cui all’articolo 10, commi da 10 a 16, hanno natura temporanea e sono conferite per la durata di quattro anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato, previo concerto con il Ministro della giustizia, per un’ulteriore sola volta, per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell’attività svolta.
1-bis. Il Consiglio superiore della Magistratura, su conforme parere del Consiglio Giudiziario, può anticipare la procedura di conferma qualora l’ufficio di appartenenza evidenzi gravi disfunzioni organizzative addebitabili al dirigente. L’apertura di una procedura di conferma anticipata deve essere comunicata all’interessato e deve essere conclusa entro tre mesi da tale comunicazione. In caso di non conferma il magistrato decade immediatamente dall’incarico.
1-ter. All’esito del quadriennio, l’attività del magistrato viene comunque valutata, anche se egli non chiede la conferma.
1-quater. In caso di valutazione negativa, il magistrato decade immediatamente dall'incarico e non può partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi per cinque anni.
2. Alla scadenza del termine di cui al comma 1, il magistrato che ha esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altra funzione, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, e` assegnato alle funzioni non direttive nel medesimo ufficio, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza.
2. Alla scadenza del termine di cui al comma 1, il magistrato che ha esercitato funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altra funzione, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, e` assegnato alle funzioni non direttive nel medesimo ufficio, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza. Mantiene comunque l'incarico sino alla presa di possesso del nuovo titolare dell'incarico direttivo.
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3. All’atto della presa di possesso da parte del nuovo titolare della funzione direttiva, il magistrato che ha esercitato la relativa funzione, se ancora in servizio presso il medesimo ufficio, resta comunque provvisoriamente assegnato allo stesso, nelle more delle determinazioni del Consiglio superiore della magistratura, con funzioni ne´ direttive ne´ semidirettive.
3. All’atto della presa di possesso da parte del nuovo titolare della funzione direttiva, il magistrato che ha esercitato la relativa funzione, se ancora in servizio presso il medesimo ufficio, resta comunque provvisoriamente assegnato allo stesso, nelle more delle determinazioni del Consiglio superiore della magistratura, con funzioni ne´ direttive ne´ semidirettive
Art. 46
(Temporaneità delle funzioni semidirettive)
1. Le funzioni semidirettive di cui all’articolo 10, commi 7, 8 e 9, hanno natura temporanea e sono conferite per un periodo di quattro anni, al termine del quale il magistrato puo` essere confermato per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell’attivita` svolta. In caso di valutazione negativa il magistrato non puo` partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi semidirettivi e direttivi per cinque anni.
Art.46
(Temporaneità delle funzioni semidirettive)
1. Le funzioni semidirettive di cui all’articolo 10, commi 7, 8 e 9, hanno natura temporanea e sono conferite per un periodo di quattro anni, al termine del quale il magistrato puo` essere confermato per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell’attività svolta.
1-bis. Il Consiglio superiore della Magistratura, su conforme parere del Consiglio Giudiziario, può anticipare la procedura di conferma qualora l’ufficio di appartenenza evidenzi gravi disfunzioni organizzative addebitabili a chi ricopre l’incarico semi direttivo. L’apertura di una procedura di conferma anticipata deve essere comunicata all’interessato e deve essere conclusa entro tre mesi da tale comunicazione. In caso di non conferma il magistrato decade immediatamente dall’incarico.
1-ter. All’esito del quadriennio, l’attività del magistrato viene comunque valutata, anche se egli non chiede la conferma.
1-quater. In caso di valutazione negativa, il magistrato decade immediatamente dall'incarico e non può partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi semidirettivi e direttivi per cinque anni.
2. Il magistrato, al momento della scadenza del secondo quadriennio, calcolata dal giorno di assunzione delle funzioni, anche se il Consiglio superiore della magistratura non ha ancora deciso in ordine ad una sua eventuale domanda di
2. Il magistrato, al momento della scadenza del secondo quadriennio, calcolata dal giorno di assunzione delle funzioni, anche se il Consiglio superiore della magistratura non ha ancora deciso in ordine ad una sua eventuale domanda di
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assegnazione ad altre funzioni o ad altro ufficio, o in caso di mancata presentazione della domanda stessa, torna a svolgere le funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza, nello stesso ufficio o, a domanda, in quello in cui prestava precedentemente servizio
assegnazione ad altre funzioni o ad altro ufficio, o in caso di mancata presentazione della domanda stessa, torna a svolgere le funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive, anche
in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza, nello stesso ufficio o, a domanda, in quello in cui prestava precedentemente servizio. Mantiene comunque l'incarico sino alla presa di possesso del nuovo titolare dell'incarico semidirettivo.
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PARAMETRI PER L’ISTITUZIONE DEI POSTI SEMIDIRETTIVI
R.D. 30 GENNAIO 1941 N. 12
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Versione attuale
Proposta
Art. 47 - ter
(Istituzione dei posti di Presidente di sezione)
Salvo quanto previsto dal secondo e dal terzo comma, nei tribunali costituiti in sezioni ai quali sono addetti più di dieci giudici ordinari possono essere istituiti posti di presidente di sezione, in numero non superiore a quello determinato dalla proporzione di uno a dieci.
Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza l'osservanza dei limiti previsti dal primo comma:
a) per la direzione della corte di assise e delle singole sezioni della medesima, quando il numero delle udienze da esse tenute lo richiede;
b) per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto della loro consistenza numerica e delle specifiche esigenze organizzative:
1) sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie;
2) sezioni incaricate degli affari inerenti alle procedure concorsuali;
3) sezioni dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti del codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare, salvo quanto previsto dal terzo comma.
In ogni tribunale ordinario di cui alla tabella A allegata alla legge 22 dicembre 1973, n. 884, la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare è diretta da un presidente di sezione.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380.
Art. 47 - ter
(Istituzione dei posti di Presidente di sezione)
Salvo quanto previsto dal secondo e dal terzo comma, nei tribunali costituiti in sezioni ai quali sono addetti più di dieci giudici ordinari possono essere istituiti posti di presidente di sezione, in numero non superiore a quello determinato dalla proporzione di uno a otto.
Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza l'osservanza dei limiti previsti dal primo comma:
a) per la direzione della corte di assise e delle singole sezioni della medesima, quando il numero delle udienze da esse tenute lo richiede;
b) per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto della loro consistenza numerica e delle specifiche esigenze organizzative:
1) sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie;
2) sezioni incaricate degli affari inerenti alle procedure concorsuali;
3) sezioni dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti del codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare, salvo quanto previsto dal terzo comma.
Nei Tribunali di cui all’art 1, comma 1, del D.L. 25 settembre 1989, n. 327, convertito in L. 24 novembre 1989, n. 380 è istituito il posto di presidente aggiunto della sezione dei giudici per le indagini preliminari solo laddove detta sezione sia costituita da almeno otto giudici.
Art. 47 - quater. (Disposizione transitoria)
Coloro che ricoprono posti in soprannumero, rispetto alla revisione di organico, rimangono in carica sino a conclusione dell’incarico o a trasferimento volontario.
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Art. 54.
(Costituzione delle sezioni nelle corti di appello)
1. Nella formazione delle tabelle ai sensi dell'articolo 7-bis sono designati i presidenti e i consiglieri che fanno parte di ciascuna sezione e i supplenti. Si osserva per le corti di appello il disposto dell'art. 46, in quanto applicabile. Sono altresì designate le sezioni in funzione di corte di assise, la sezione incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, la sezione per i minorenni ed eventualmente quella che funziona da tribunale regionale delle acque pubbliche.
Art. 70.
(Costituzione del pubblico ministero).
1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la corte di cassazione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i tribunali ordinari. Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all'ufficio.
Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale antimafia.
Art. 54.
(Costituzione delle sezioni nelle corti di appello)
1. Nella formazione delle tabelle ai sensi dell'articolo 7-bis sono designati i presidenti e i consiglieri che fanno parte di ciascuna sezione e i supplenti. Si osserva per le corti di appello il disposto dell'art. 46, in quanto applicabile. Sono altresì designate le sezioni in funzione di corte di assise, la sezione incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, la sezione per i minorenni ed eventualmente quella che funziona da tribunale regionale delle acque pubbliche.
2. Nelle Corti di Appello suddivise in sezioni possono essere istituiti posti di presidente di sezione, in numero non superiore a quello determinato dalla proporzione di uno a sei. Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza l’osservanza di tale limite per la direzione delle sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie.
Art. 54- bis.. (Disposizione transitoria)
Coloro che ricoprono posti in soprannumero, rispetto alla revisione di organico, rimangono in carica sino a conclusione dell’incarico o a trasferimento volontario.
Art. 70.
(Costituzione del pubblico ministero).
1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la corte di cassazione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i tribunali ordinari. Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni otto sostituti addetti all'ufficio.
Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale antimafia.
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RICOLLOCAMENTO IN RUOLO
D. LGS. 5/4/2006, N. 160
Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.
Testo vigente
Modifica proposta
Art. 50
(Ricollocamento in ruolo)
Art. 50
(Ricollocamento in ruolo)
1. Il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte e il ricollocamento in ruolo, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avviene nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia, il ricollocamento avviene in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonchè' in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto.
1. Il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura e' equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte e il ricollocamento in ruolo, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avviene nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni; nel caso di partecipazione alle procedure di selezione pubblica delle candidature o di mancata elezione in competizioni elettorali per incarichi politici territoriali, nazionali o sovranazionali, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, il ricollocamento avviene in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa e non limitrofo rispetto a quella in cui e' ubicato il distretto presso cui e' posta la sede di provenienza nonchè in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte e' ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato e' stato eletto e in una funzione collegiale non direttiva o semidirettiva; il magistrato non potrà chiedere di essere trasferito prima del decorso di cinque anni dalla data di rientro in ruolo ai sensi del presente articolo; le disposizioni del presente comma si applicano anche per il ricollocamento in ruolo dei magistrati che abbiano assunto incarichi di governo nazionale o presso enti locali.
1-bis: Il Consiglio superiore della magistratura con la stessa delibera con cui dispone il collocamento fuori ruolo del magistrato stabilisce che questi, all’atto della scadenza o della cessazione dall’incarico, è automaticamente ricollocato nella sede di
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provenienza anche in sovrannumero. Qualora si tratti di magistrato destinato ad assumere cariche elettive o di governo di cui all’art. 50 del presente decreto, nella delibera di collocamento fuori ruolo è previsto che, alla scadenza o cessazione dall’incarico, il magistrato è automaticamente assegnato all’Ufficio del massimario della Corte di cassazione se all’atto del collocamento fuori ruolo esercitava funzioni di legittimità o era in forza alla Procura nazionale antimafia, ovvero all’Ufficio del processo dell’ufficio giudiziario di provenienza negli altri casi .
2. Il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, con esclusione del periodo di aspettativa per mandato parlamentare o di mandato al Consiglio superiore della magistratura. In detto periodo massimo non è computato quello trascorso fuori ruolo antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto.
2. Il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, con esclusione del periodo di aspettativa per mandato parlamentare o di mandato al Consiglio superiore della magistratura. In detto periodo massimo non e' computato quello trascorso fuori ruolo antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto.
3. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dal presente decreto
3. In ogni caso i magistrati collocati fuori dal ruolo organico in quanto componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero per mandato parlamentare non possono partecipare ai concorsi previsti dal presente decreto.
4. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni.
4. Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni.
5. Il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultano fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, avviene:
a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettorale, secondo le modalità di cui al comma 1, seconda parte, e con assegnazione di sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo;
b) per i magistrati che, all'atto del ricollocamento in ruolo, non hanno compiuto tre anni di permanenza
5. Il ricollocamento in ruolo dei magistrati che risultano fuori ruolo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, avviene:
a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettorale, secondo le modalità di cui al comma 1, seconda parte, e con assegnazione di sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo;
b) per i magistrati che, all'atto del ricollocamento in ruolo, non hanno compiuto tre anni di permanenza
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fuori ruolo, con le modalità di cui al comma 1, prima parte e, qualora la sede di provenienza non sia vacante, con assegnazione di altra sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato;
fuori ruolo, con le modalità di cui al comma 1, prima parte e, qualora la sede di provenienza non sia vacante, con assegnazione di altra sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato;
c) per i magistrati che, all'atto del ricollocamento in ruolo, hanno compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo, con le modalità previste dall'articolo 3, comma 2, della legge 13 febbraio 2001, n. 48, quando è richiesta dal magistrato la destinazione alla sede di provenienza, ovvero, in mancanza di tale richiesta, con assegnazione di altra sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 15, comma 3.
c) per i magistrati che, all'atto del ricollocamento in ruolo, hanno compiuto più di tre anni di permanenza fuori ruolo, con le modalità previste dall'articolo 3, comma 2, della legge 13 febbraio 2001, n. 48, quando e' richiesta dal magistrato la destinazione alla sede di provenienza, ovvero, in mancanza di tale richiesta, con assegnazione di altra sede per concorso virtuale nell'ambito dei posti vacanti all'atto del ricollocamento in ruolo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 15, comma 3.
6. Ad eccezione di quanto previsto dagli articoli 45 e 46 e dal comma 1, nonchè', in via transitoria, dal comma 5, non è consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza. In quest'ultimo caso non è consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.
6. Ad eccezione di quanto previsto dagli articoli 45 e 46 e dal comma 1, nonche', in via transitoria, dal comma 5, non è' consentito il tramutamento di sede per concorso virtuale, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza. In quest'ultimo caso non è consentito il successivo tramutamento alla sede di provenienza prima che siano decorsi cinque anni.
INCARICHI POLITICI
DECRETO LEGISLATIVO 18 AGOSTO 2000 N. 267
Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali
Testo vigente
Modifiche
Art. 60
(Ineleggibilità)
Art. 60
(Ineleggibilità)
1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale:
1) il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le
1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale:
1) il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le
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funzioni di direttore generale o equiparate o superiori;
2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;
[3) nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato;];
4) nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione del comune o della provincia nonchè i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici;
6) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonchè i giudici di pace;
7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli;
8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere;
9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate;
10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale superiore al 50 per cento rispettivamente del comune o della provincia;
funzioni di direttore generale o equiparate o superiori;
2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;
[3) nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato;];
4) nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione del comune o della provincia nonchè i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici;
6) I magistrati ordinari non sono eleggibili nelle circoscrizioni sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali si sono trovati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni o nelle circoscrizioni limitrofe in un periodo compreso nei dodici mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Non sono in ogni caso eleggibili se, all'atto dell'accettazione della candidatura, non si trovino in aspettativa. In caso di elezione sono collocati d'ufficio in aspettativa per tutta la durata del mandato o dell’incarico;
7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli;
8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere;
9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate;
10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale superiore al 50 per cento rispettivamente del comune o della provincia;
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11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12) i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri metropolitani, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente, in altro comune, città' metropolitana, provincia o circoscrizione.
11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12) i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri metropolitani, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente, in altro comune, città' metropolitana, provincia o circoscrizione.
2. Le cause di ineleggibilità di cui al n. 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni.
2. Le cause di ineleggibilità di cui al n. 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni.
3. Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), [3),] 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidaturė La causa di ineleggibilità prevista nel numero
12) non ha effetto nei confronti del sindaco in caso di elezioni contestuali nel comune nel quale l'interessato e' gia' in carica e in quello nel quale intende candidarsi.
3. Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), [3),] 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidaturė La causa di ineleggibilita' prevista nel numero
12) non ha effetto nei confronti del sindaco in caso di elezioni contestuali nel comune nel quale l'interessato e' gia' in carica e in quello nel quale intende candidarsi.
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LEGGE 2 LUGLIO 2004, N. 165
Disposizioni di attuazione dell’art. 122, primo comma della Costituzione
Art. 2
(Disposizioni di principio, in attuazione dell’art. 122, primo comma, della Costituzione, in materia di ineleggibilità)
Art. 2
(Disposizioni di principio, in attuazione dell’art. 122, primo comma, della Costituzione, in materia di ineleggibilità)
1. Fatte salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione, le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità, specificamente individuati, di cui all'articolo 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali:
a) sussistenza delle cause di ineleggibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati;
b) inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l'ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato;
c) applicazione della disciplina delle incompatibilità alle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni qualora ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 1, lettere a) e b);
d) attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di
1. Fatte salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione, le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità, specificamente individuati, di cui all'articolo 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali:
a) sussistenza delle cause di ineleggibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati;
a-bis) sussistenza delle cause di ineleggibilità dei magistrati ordinari, che non si trovino in aspettativa da più di dodici mesi al momento dell’accettazione della candidatura, nelle circoscrizioni sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali sono stati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni o nelle circoscrizioni limitrofe in un periodo compreso nei dodici mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura;
b) inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l'ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato;
c) applicazione della disciplina delle incompatibilità alle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni qualora ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 1, lettere a) e b);
d) attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di
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ineleggibilità dei propri componenti e del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi. L'esercizio delle rispettive funzioni è comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi;
e) eventuale differenziazione della disciplina dell'ineleggibilità nei confronti del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali;
f) previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia.
ineleggibilità dei propri componenti e del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi. L'esercizio delle rispettive funzioni è comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi;
e) eventuale differenziazione della disciplina dell'ineleggibilità nei confronti del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali;
f) previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia.
Art. 3
(Disposizioni di principio, in attuazione dell’art. 122, primo comma, della Costituzione, in materia di incompatibilità)
1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incompatibilità, specificatamente individuati, di cui all'articolo 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali:
a) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibile, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva;
b) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e le funzioni svolte dai medesimi presso organismi internazionali o sopranazionali;
Art. 3
(Disposizioni di principio, in attuazione dell’art. 122, primo comma, della Costituzione, in materia di incompatibilità)
1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incompatibilità, specificatamente individuati, di cui all'articolo 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali:
a) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibile, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva;
a-bis sussistenza di cause di incompatibilità dell’esercizio delle funzioni giudiziarie da parte dei magistrati ordinari, superabile con collocamento in aspettativa per tutto la durata del mandato o dell’incarico;
b) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e le funzioni svolte dai medesimi presso organismi internazionali o sopranazionali;
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c) eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità tra la carica di assessore regionale e quella di consigliere regionale;
d) in caso di previsione della causa di incompatibilità per lite pendente con la regione, osservanza dei seguenti criteri:
1) previsione della incompatibilità nel caso in cui il soggetto sia parte attiva della lite;
2) qualora il soggetto non sia parte attiva della lite, previsione della incompatibilità esclusivamente nel caso in cui la lite medesima sia conseguente o sia promossa a seguito di giudizio definito con sentenza passata in giudicato;
e) attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di incompatibilità dei propri componenti e del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi. L'esercizio delle rispettive funzioni è comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi;
f) eventuale differenziazione della disciplina dell'incompatibilità nei confronti del Presidente della Giunta regionale, degli altri componenti della stessa Giunta e dei consiglieri regionali;
g) fissazione di un termine dall'accertamento della causa di incompatibilità, non superiore a trenta giorni, entro il quale, a pena di decadenza dalla carica, deve essere esercitata l'opzione o deve cessare la causa che determina l'incompatibilità, ferma restando la tutela del diritto dell'eletto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato.
c) eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità tra la carica di assessore regionale e quella di consigliere regionale;
d) in caso di previsione della causa di
incompatibilità per lite pendente con la regione, osservanza dei seguenti criteri:
1) previsione della incompatibilità nel caso in cui il soggetto sia parte attiva della lite;
2) qualora il soggetto non sia parte attiva della lite, previsione della incompatibilità esclusivamente nel caso in cui la lite medesima sia conseguente o sia promossa a seguito di giudizio definito con sentenza passata in giudicato;
e) attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di incompatibilità dei propri componenti e del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi. L'esercizio delle rispettive funzioni è comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi;
f) eventuale differenziazione della disciplina dell'incompatibilità nei confronti del Presidente della Giunta regionale, degli altri componenti della stessa Giunta e dei consiglieri regionali;
g) fissazione di un termine dall'accertamento della causa di incompatibilità, non superiore a trenta giorni, entro il quale, a pena di decadenza dalla carica, deve essere esercitata l'opzione o deve cessare la causa che determina l'incompatibilità, ferma restando la tutela del diritto dell'eletto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato.
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PARTECIPAZIONE DEGLI AVVOCATI AL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA CORTE DI CASSAZIONE E AI CONSIGLI GIUDIZIARI D.LGS. 27.1.2006, N. 25 Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lett. c) della legge 35 luglio 2005, n. 150
Versione attuale
Proposta
Art. 8
(Composizione del Consiglio Direttivo della Corte di cassazione in relazione alle competenze)
L’art. 8 del decreto legislativo 27/01/2006 è abrogato Il componente avvocato nominato dal Consiglio nazionale forense e i componenti professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all’esercizio delle competenze di cui all’art. 7, comma 1, lett. a)
Art. 16. (Composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze)
L’art.16 del decreto legislativo 27/01/2006 è abrogato Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera c), della L. 25 luglio 2005, n. 150.
1. I componenti designati dal consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e).
2. [Il componente rappresentante dei giudici di pace partecipa, altresì, alle discussioni e deliberazioni relative all'esercizio delle competenze di cui agli articoli 4, 4 -bis, 7, comma 2 -bis e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni].
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ART. 11 D. LEG n.160/2006
Valutazioni di professionalità
Versione originaria
Proposta
1. Tutti i magistrati sono sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina fino al superamento della settima valutazione di professionalità
1. Tutti i magistrati sono sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina fino al superamento della settima valutazione di professionalità
1 bis. Dopo la settima valutazione di professionalità il magistrato viene nuovamente valutato dopo sei anni, sempre che non sia stato già positivamente valutato in sede di domanda presentata per altro incarico.
2. La valutazione di professionalità riguarda la capacità, la laboriosità, la diligenza e l'impegno. Essa è operata secondo parametri oggettivi che sono indicati dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi del comma 3. La valutazione di professionalità riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti non può riguardare in nessun caso l'attività di interpretazione di norme di diritto, ne' quella di valutazione del fatto e delle prove. In particolare:
2. La valutazione di professionalità riguarda l’indipendenza e l’equilibrio, la capacità, la laboriosità, la diligenza e l'impegno. Essa è operata secondo parametri oggettivi che sono indicati dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi del comma 3. La valutazione di professionalità riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti non può riguardare in nessun caso l'attività di interpretazione di norme di diritto, ne' quella di valutazione del fatto e delle prove. In particolare:
a) l’indipendenza consiste nello svolgimento delle funzioni giurisdizionali senza condizionamenti, rapporti o vincoli che possano influenzare negativamente o limitare le modalità di esercizio della giurisdizione e l’equilibrio consiste nell’esercizio della funzione condotto con senso della misura e libero da prevenzioni.
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a) la capacità, oltre che alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, é riferita, secondo le funzioni esercitate, al possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione all'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio ovvero alla conduzione dell'udienza da parte di chi la dirige o la presiede, all'idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l'apporto dei collaboratori e degli ausiliari;
b) la capacità, oltre che alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, é riferita, secondo le funzioni esercitate, al possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione all'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio ovvero alla conduzione dell'udienza da parte di chi la dirige o la presiede, all'idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l’apporto dei collaboratori e degli ausiliari;
b) la laboriosità é riferita alla produttività, intesa come numero e qualità degli affari trattati in rapporto alla tipologia degli uffici e alla loro condizione organizzativa e strutturale, ai tempi di smaltimento del lavoro, nonché all'eventuale attività di collaborazione svolta all'interno dell'ufficio, tenuto anche conto degli standard di rendimento individuati dal Consiglio superiore della magistratura, in relazione agli specifici settori di attività e alle specializzazioni;
c) la laboriosità è riferita alla produttività, intesa come numero e qualità degli affari trattati in rapporto alla tipologia degli uffici e alla loro condizione organizzativa e strutturale, ai tempi di smaltimento del lavoro, nonché all'eventuale attività di collaborazione svolta all'interno dell'ufficio, tenuto anche conto degli standard di rendimento individuati dal Consiglio superiore della magistratura, in relazione agli specifici settori di attività e alle specializzazioni;
c) la diligenza è riferita all'assiduità e puntualità nella presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti; è riferita inoltre al rispetto dei termini per la redazione, il deposito di provvedimenti o comunque per il compimento di attività giudiziarie, nonché alla partecipazione alle riunioni previste dall'ordinamento giudiziario per la discussione e l'approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell'evoluzione della giurisprudenza;
d) la diligenza è riferita all'assiduità e puntualità nella presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti; è riferita inoltre al rispetto dei termini per la redazione, il deposito di provvedimenti o comunque per il compimento di attività giudiziarie, nonché alla partecipazione alle riunioni previste dall'ordinamento giudiziario per la discussione e l'approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell'evoluzione della giurisprudenza;
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d) l'impegno é riferito alla disponibilità per sostituzioni di magistrati assenti e alla frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura; nella valutazione dell'impegno rileva, inoltre, la collaborazione alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico.
e l'impegno é riferito alla disponibilità per sostituzioni di magistrati assenti e alla frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura; nella valutazione dell'impegno rileva, inoltre, la collaborazione alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico.
3. Il Consiglio superiore della magistratura, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplina con propria delibera gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni dei consigli giudiziari, i parametri per consentire l'omogeneità delle valutazioni, la documentazione che i capi degli uffici devono trasmettere ai consigli giudiziari entro il mese di febbraio di ciascun anno. In particolare disciplina:
3. Il Consiglio superiore della magistratura, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplina con propria delibera gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni dei consigli giudiziari, i parametri per consentire l'omogeneità delle valutazioni, la documentazione che i capi degli uffici devono trasmettere ai consigli giudiziari entro il mese di febbraio di ciascun anno. In particolare disciplina:
a) i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali delle udienze di cui al comma 4, ferma restando l'autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l'utilizzazione in sede di consiglio giudiziario;
a) i modi di raccolta della documentazione e di di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali delle udienze di cui al comma 4, ferma restando l'autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l'utilizzazione in sede di consiglio giudiziario;
b) i dati statistici da raccogliere per le valutazioni di professionalità
b) i dati statistici qualitativi e quantitativi da raccogliere per le valutazioni di professionalità
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c) i moduli di redazione dei pareri dei consigli giudiziari per la raccolta degli stessi secondo criteri uniformi;
c) i moduli di redazione delle autorelazioni, del rapporto del capo dell’Ufficio e dei pareri dei consigli giudiziari per la raccolta degli stessi secondo criteri uniformi;
d) gli indicatori oggettivi per l’acquisizione degli elementi di cui al comma 2; per l'attitudine direttiva gli indicatori da prendere in esame sono individuati d'intesa con il Ministro della giustizia;
d) gli indicatori oggettivi per l’acquisizione degli elementi di cui al comma 2; per l'attitudine direttiva gli indicatori da prendere in esame sono individuati d'intesa con il Ministro della giustizia;
e) l’individuazione per ciascuna delle diverse funzioni svolte dai magistrati, tenuto conto anche della specializzazione, di standard medi di definizione dei procedimenti, ivi compresi gli incarichi di natura obbligatoria per i magistrati, articolati secondo parametri sia quantitativi sia qualitativi, in relazione alla tipologia dell'ufficio, all'ambito territoriale e all'eventuale specializzazione.
e) l’individuazione per ciascuna delle diverse funzioni svolte dai magistrati, tenuto conto anche della specializzazione, di standard medi di definizione dei procedimenti, ivi compresi gli incarichi di natura obbligatoria per i magistrati, articolati secondo parametri sia quantitativi sia qualitativi, in relazione alla tipologia dell'ufficio, all'ambito territoriale e all'eventuale specializzazione.
4. Alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce e valuta:
4. Alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce e valuta:
a) le informazioni disponibili presso il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero della giustizia anche per quanto attiene agli eventuali rilievi di natura contabile e disciplinare, ferma restando l'autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l'utilizzazione in sede di consiglio giudiziario;
a) le informazioni disponibili presso il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero della giustizia anche per quanto attiene agli eventuali rilievi di natura contabile e disciplinare ed i risultati delle ispezioni, ferma restando l'autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l'utilizzazione in sede di consiglio giudiziario;
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b) la relazione del magistrato sul lavoro svolto e quanto altro egli ritenga utile, ivi compresa la copia di atti e provvedimenti che il magistrato ritiene di sottoporre ad esame;
b) la relazione del magistrato sul lavoro svolto e quanto altro egli ritenga utile, ivi compresa la copia di atti e provvedimenti che il magistrato ritiene di sottoporre ad esame;
c) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio
c) le statistiche qualitative e quantitative del lavoro svolto e la lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio con riguardo alla natura e al numero dei provvedimenti adottati, all’esito degli stessi, e ad eventuali ritardi nel loro compimento;
d) gli atti e i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali il magistrato abbia partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi stabiliti al termine di ciascun anno con i provvedimenti di cui al comma 3, se non già acquisiti;
d) gli atti e i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali il magistrato abbia partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi stabiliti al termine di ciascun anno con i provvedimenti di cui al comma 3, se non già acquisiti;
e) gli incarichi giudiziari ed extragiudiziari con l'indicazione dell'impegno concreto che gli stessi hanno comportato;
e) gli incarichi giudiziari ed extragiudiziari con l'indicazione dell'impegno concreto che gli stessi hanno comportato;
f) il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici, i quali devono tenere conto delle situazioni specifiche rappresentate da terzi, nonché le segnalazioni pervenute dal consiglio dell'ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti specifici incidenti sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni eventuali concrete e oggettive di esercizio non indipendente della funzione e ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica. Il rapporto del capo dell’ufficio e
f) il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici devono illustrare in modo sintetico e esauriente l’attività svolta dal magistrato nel periodo e devono tenere conto delle (…) segnalazioni pervenute da terzi (escluse quelle anonime), dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati e dall’ufficio requirente o giudicante corrispondente, nonché dell’ufficio competente per le impugnazioni, sempre che si riferiscano a fatti specifici gravi ed incidenti sulla professionalità.
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le segnalazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati sono trasmessi al consiglio giudiziario dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la medesima corte, titolari del potere-dovere di sorveglianza, con le loro eventuali considerazioni e quindi trasmessi obbligatoriamente al Consiglio superiore della magistratura.
(…). A tal fine tali segnalazioni vengono inviate ogni anno entro il mese di gennaio dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e da ogni ufficio giudiziario con una comunicazione al Consiglio Giudiziario e al dirigente dell’Ufficio interessato. Il rapporto del capo dell'ufficio e le segnalazioni del consiglio dell'ordine degli avvocati e degli altri uffici giudiziari sono trasmessi al consiglio giudiziario dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la medesima corte, titolari del potere-dovere di sorveglianza, con le loro eventuali considerazioni e quindi trasmessi obbligatoriamente al Consiglio superiore della magistratura.
5. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti specifici segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell'ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione dell'esito all'interessato, che ha diritto ad avere copia degli atti, e può procedere alla sua audizione, che é sempre disposta se il magistrato ne fa richiesta.
5. Si valutano i fatti oggetto di procedimenti disciplinari, indipendentemente dal loro esito. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti specifici segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell'ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione dell'esito all'interessato, che ha diritto ad avere copia degli atti, e può procedere alla sua audizione, che é sempre disposta se il magistrato ne fa richiesta.
6. Sulla base delle acquisizioni di cui ai commi 4 e 5, il consiglio giudiziario formula un parere motivato che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni
6. Sulla base delle acquisizioni di cui ai commi 4 e 5, il consiglio giudiziario formula un parere in termini di adeguato o non adeguato che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni. Il parere deve essere sinteticamente motivato in
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caso di giudizio non positivo o negativo o comunque non unanime
7. Il magistrato, entro dieci giorni dalla notifica del parere del consiglio giudiziario, può far pervenire al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente.
7. Il magistrato, entro dieci giorni dalla notifica del parere del consiglio giudiziario, può far pervenire al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente.
8. Il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario e della relativa documentazione, nonché sulla base dei risultati delle ispezioni ordinarie; può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza.
8. Il Consiglio Superiore della Magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base del parere espresso del consiglio giudiziario e della relativa documentazione (….); può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza
8-ter. Nei casi di giudizio unanime positivo adeguato per tutti i parametri di cui al comma 2, il Consiglio Giudiziario delibera la valutazione di professionalità. La delibera del Consiglio giudiziario viene immediatamente trasmessa al C.S.M. che, entro 60 giorni dal ricevimento, può assumere iniziative. In mancanza la valutazione di professionalità si intende conseguita.
8. quater. Negli altri casi il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario e della relativa documentazione, (…); può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza. La valutazione di professionalità viene comunque espressa entro otto mesi dalla scadenza. Tutta
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la documentazione utilizzata per la valutazione di professionalità entra nel fascicolo personale virtuale del magistrato.
9. Il giudizio di professionalità é "positivo" quando la valutazione risulta sufficiente in relazione a ciascuno dei parametri di cui al comma 2; é "non positivo" quando la valutazione evidenzia carenze in relazione a uno o più dei medesimi parametri; è "negativo" quando la valutazione evidenzia carenze gravi in relazione a due o più dei suddetti parametri o il perdurare di carenze in uno o più dei parametri richiamati quando l'ultimo giudizio sia stato "non positivo".
9. Il giudizio di professionalità é "positivo" quando la valutazione risulta sufficiente in relazione a ciascuno dei parametri di cui al comma 2; é "non positivo" quando la valutazione evidenzia carenze in relazione ai parametri di cui alle lettere b), c) e d) dell’art 2, nell’ambito di una valutazione unitaria; è "negativo" quando la valutazione evidenzia carenze in ordine al parametro di cui alla lettera a) o carenze gravi in relazione a due o più degli altri parametri o il perdurare di carenze in uno o più dei parametri richiamati quando l'ultimo giudizio sia stato "non positivo”.
10. Se il giudizio è “non positivo”, il Consiglio superiore della magistratura procede a nuova valutazione di professionalità dopo un anno, acquisendo un nuovo parere del consiglio giudiziario; in tal caso il nuovo trattamento economico o l'aumento periodico di stipendio sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell'anno se il nuovo giudizio è "positivo". Nel corso dell'anno antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.
10. Se il giudizio è “non positivo”, il Consiglio superiore della magistratura procede a nuova valutazione di professionalità dopo un anno, acquisendo un nuovo parere del consiglio giudiziario; in tal caso il nuovo trattamento economico o l'aumento periodico di stipendio sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell'anno se il nuovo giudizio è "positivo". Nel corso dell'anno antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.
11. Se il giudizio è "negativo", il magistrato é sottoposto a nuova valutazione di professionalità dopo un biennio. Il Consiglio superiore della magistratura può disporre
11. Se il giudizio è "negativo", il magistrato é sottoposto a nuova valutazione di professionalità dopo un biennio. Il Consiglio superiore della magistratura può disporre
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che il magistrato partecipi ad uno e più corsi di riqualificazione professionale in rapporto alle specifiche carenze di professionalità riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, a una diversa funzione nella medesima sede o escluderlo, fino alla successiva valutazione, dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche. Nel corso del biennio antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.
che il magistrato partecipi ad uno e più corsi di riqualificazione professionale in rapporto alle specifiche carenze di professionalità riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, a una diversa funzione nella medesima sede o escluderlo, fino alla successiva valutazione, dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche. Nel corso del biennio antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari.
12. La valutazione negativa comporta la perdita del diritto all'aumento periodico di stipendio per un biennio. Il nuovo trattamento economico eventualmente spettante é dovuto solo a seguito di giudizio positivo e con decorrenza dalla scadenza del biennio.
12. La valutazione negativa comporta la perdita del diritto all'aumento periodico di stipendio per un biennio. Il nuovo trattamento economico eventualmente spettante é dovuto solo a seguito di giudizio positivo e con decorrenza dalla scadenza del biennio.
13. Se il Consiglio superiore della magistratura, previa audizione del magistrato, esprime un secondo giudizio negativo, il magistrato stesso è dispensato dal servizio.
13. Se il Consiglio superiore della magistratura, previa audizione del magistrato, esprime un secondo giudizio negativo, il magistrato stesso è dispensato dal servizio.
14. Prima delle audizioni di cui ai commi 7, 11 e 13 il magistrato deve essere informato della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l'avviso e l'audizione deve intercorrere un termine non inferiore a sessanta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e memorie fino a sette giorni prima dell'audizione e di farsi
14. Prima delle audizioni di cui ai commi 7, 11 e 13 il magistrato deve essere informato della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l'avviso e l'audizione deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e memorie fino a sette giorni prima dell'audizione e di farsi
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assistere da un altro magistrato nel corso della stessa. Se questi é impedito, l'audizione può essere differita per una sola volta.
assistere da un altro magistrato nel corso della stessa. Se questi é impedito, l'audizione può essere differita per una sola volta.
15. La valutazione di professionalità consiste in un giudizio espresso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958, n.195, dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato e trasmesso al Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto. Il giudizio di professionalità, inserito nel fascicolo personale, è valutato ai fini dei tramutamenti, del conferimento di funzioni, comprese quelle di legittimità, del conferimento di incarichi direttivi e ai fini di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione per incarico extragiudiziario.
15. La valutazione di professionalità consiste in un giudizio espresso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958, n.195, dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento (…..) e trasmesso al Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto. Il giudizio di professionalità, inserito nel fascicolo personale, é valutato ai fini dei tramutamenti, del conferimento di funzioni, comprese quelle di legittimità, del conferimento di incarichi direttivi e ai fini di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione per incarico extragiudiziario.
16. I parametri contenuti nel comma 2 si applicano anche per la valutazione di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo. Il giudizio é espresso dal Consiglio superiore della magistratura, acquisito, per i magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, il parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai soli membri che appartengano all'ordine giudiziario, o il parere del consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma per tutti gli altri magistrati in posizione di fuori ruolo, compresi quelli in servizio all'estero. Il parere é espresso sulla base della relazione dell'autorità presso cui gli stessi svolgono servizio, illustrativa dell'attività svolta, e di
16. I parametri contenuti nel comma 2 si applicano anche per la valutazione di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo. Il giudizio é espresso dal Consiglio superiore della magistratura, acquisito, per i magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, il parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai soli membri che appartengano all'ordine giudiziario, o il parere del consiglio giudiziario presso la corte di appello ove hanno svolto le ultime funzioni giudiziarie per tutti gli altri magistrati in posizione di fuori ruolo, compresi quelli in servizio all'estero. Il parere é espresso sulla base della relazione dell'autorità presso cui gli stessi svolgono servizio, illustrativa
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ogni altra documentazione che l'interessato ritiene utile produrre, purché attinente alla
professionalità, che dimostri l'attività in concreto svolta.
dell'attività svolta, e di ogni altra documentazione che l'interessato ritiene utile produrre, purché attinente alla professionalità, che dimostri l'attività in concreto svolta.
17. Allo svolgimento delle attività previste dal presente articolo si fa fronte con le risorse di personale e strumentali disponibili.
17. Allo svolgimento delle attività previste dal presente articolo si fa fronte con le risorse di personale e strumentali disponibili.
Art. 18 e 19 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – INCOMPATIBILITA’ PARENTALI
Art. 18 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Incompatibilità di sede per rapporti di parentela, affinità o stabile relazione
con esercenti la professione forense
Versione attuale
Proposta
1.I magistrati giudicanti e requirenti delle Corti di appello e dei Tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge, il convivente esercitano la professione di avvocato.
1. I magistrati giudicanti e requirenti delle Corti di appello e dei Tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge, il convivente o la persona con cui intrattengono stabile relazione affettiva esercitano la professione di avvocato.
2. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei seguenti criteri:
2. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei seguenti criteri:
a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui al primo comma avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una
a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui al primo comma avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una
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porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell’attività da parte dei medesimi soggetti;
porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell’attività da parte dei medesimi soggetti;
b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento alla organizzazione tabellare;
b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento alla organizzazione tabellare;
c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista, avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza ed ancora all’interno dei predetti e specie del settore del diritto civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per il magistrato dalla organizzazione tabellare;
c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista, avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza e, per i Tribunali di cui al Decreto Legislativo 3/12/1999 n. 341, anche per le ulteriori aree di specializzazione del settore civile;
d) funzione specialistica dell’ufficio giudiziario.
d) funzione specialistica dell’ufficio giudiziario
3. Ricorre sempre una situazione di incompatibilità con riguardo ai Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione o alle Procure della Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un’unica sezione, salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione alcuna attività o viceversa.
3. Ricorre sempre una situazione di incompatibilità con riguardo ai Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione o alle Procure della Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un’unica sezione. (…)
4. I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti e requirenti sono sempre in situazione di incompatibilità di sede ove un parente o affine eserciti la professione forense presso l’Ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali ordinari organizzati con una
4. I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti e requirenti sono sempre in situazione di incompatibilità di sede ove un parente, un affine, un convivente o una persona con cui intrattengono stabile relazione affettiva eserciti la professione forense presso l’Ufficio dagli stessi diretto.(…)
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pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale.
5. Il rapporto di parentela o affinità con un praticante avvocato ammesso all’esercizio della professione forense, è valutato ai fini dell’articolo 2, comma 2, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di cui al secondo comma
5. Il rapporto di parentela o affinità con un praticante avvocato ammesso all’esercizio della professione forense, è valutato ai fini dell’articolo 2, comma 2, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di cui al secondo comma.
ART. 19 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO
Incompatibilità di sede per rapporti di parentela, affinità, convivenza, stabile relazione con magistrati, ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, periti o amministratori giudiziari della stessa sede
Versione attuale
Proposta
1. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità sino al secondo grado, di coniugio o di convivenza non possono far parte della stessa Corte o dello stesso Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.
1. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità sino al secondo grado, di coniugio, di convivenza o di stabile relazione affettiva non possono far parte della stessa Corte o dello stesso Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.
2. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
2. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
3. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità sino al terzo grado, di coniugio o di convivenza, non possono mai fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in un’unica sezione ovvero di un Tribunale o di una Corte organizzati in un’unica sezione e delle rispettive Procure della Repubblica, salvo che uno dei due magistrati
3. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità sino al terzo grado, di coniugio, di convivenza o di stabile relazione affettiva non possono mai fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in un’unica sezione ovvero di un Tribunale o di una Corte organizzati in un’unica sezione e delle rispettive Procure della Repubblica.(…)
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operi esclusivamente in sezione distaccata e l’altro in sede centrale.
4 I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza non possono mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle Corti e nei Tribunali.
4. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio, di convivenza o di stabile relazione affettiva non possono mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle Corti e nei Tribunali.
5. I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o requirenti della stessa sede sono sempre in situazione di incompatibilità, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali e le Corti organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale.
5 I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o requirenti della stessa sede sono sempre in situazione di incompatibilità, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali e le Corti organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale.
6. Sussiste, altresì, situazione di incompatibilità se il magistrato dirigente dell’ufficio è in rapporto di parentela, di affinità entro il terzo grado, di coniugio, convivenza o di stabile relazione con magistrato addetto al medesimo ufficio, tra il Presidente del Tribunale del capoluogo di distretto ed i giudici addetti al locale Tribunale per i minorenni, tra il Presidente della Corte di appello o il Procuratore generale presso la Corte medesima ed un magistrato addetto, rispettivamente, ad un Tribunale o ad una Procura della Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale per i minorenni.
6. Sussiste, altresì, situazione di incompatibilità se il magistrato dirigente dell’ufficio è in rapporto di parentela, di affinità entro il terzo grado, di coniugio, convivenza o di stabile relazione affettiva con magistrato addetto al medesimo ufficio (…) ovvero tra il Presidente della Corte di appello o il Procuratore generale presso la Corte medesima ed un magistrato addetto, rispettivamente, ad un Tribunale o ad una Procura della Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale per i minorenni
7. I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge, il convivente o la persona con cui intrattengono stabile relazione svolgono attività di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
7. I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge, il convivente o la persona con cui intrattengono stabile relazione affettiva svolgono attività di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
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8. I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge, il convivente o la persona con cui intrattengono stabile relazione affettiva siano iscritti all’albo dei periti o all’albo degli amministratori giudiziari. La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
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ART. 2 R. D.Lgs. 31. 5.1946 n.511 TRASFERIMENTO DI UFFICIO
Versione art. 2 originaria
Versione art. 2 modificata ed attualmente vigente
Versione art. 2 – nuova proposta
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore del Regno o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli articoli 16, 18 e 19 dell' Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, o quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario. Il parere del
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell'Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12 (3), o quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Il parere del Consiglio superiore è
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono anche senza il loro consenso, previa audizione, essere trasferiti o applicati ad altra sede o destinati ad altre funzioni quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt.16,18 e 19 dell'0. G., o quando, per qualsiasi causa (…), non possono nella sede che occupano, amministrare la giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario.
Il Consiglio si pronuncia nel termine di tre mesi dall'apertura del
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Consiglio superiore e' vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.
In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.
vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.
In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.
procedimento. Inutilmente decorso il termine il procedimento si estingue.
La pendenza di una procedura disciplinare cautelare per i medesimi fatti sospende il procedimento amministrativo.
In caso di oppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.
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ART. 2 R. D.Lgs. 31. 5.1946 n.511 TRASFERIMENTO DI UFFICIO
Versione art. 2 originaria
Versione art. 2 modificata ed attualmente vigente
Versione art. 2 – nuova proposta
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore del Regno o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli articoli 16, 18 e 19 dell' Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, o quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario. Il parere del Consiglio superiore e' vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell'Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12 (3), o quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.
I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono anche senza il loro consenso, previa audizione, essere trasferiti o applicati ad altra sede o destinati ad altre funzioni quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt.16,18 e 19 dell'0. G., o quando, per qualsiasi causa (…), non possono nella sede che occupano, amministrare la giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario.
Il Consiglio si pronuncia nel termine di tre mesi dall'apertura del procedimento. Inutilmente decorso il termine il procedimento si estingue.
La pendenza di una procedura disciplinare cautelare per i medesimi fatti sospende il procedimento amministrativo.
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In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.
In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.
In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l'organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.
- D. LEG. 23 febbraio 2006 n.109 - ILLECITI E PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Versione attuale
Proposta
Art. 1
Doveri del magistrato
1. Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con
Art. 1
Doveri del magistrato
1.Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con equilibrio,
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imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio e rispetta la dignità della persona nell'esercizio delle
funzioni.
2. ((COMMA ABROGATO DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).
3. ((COMMA ABROGATO DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).
Art. 2
Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni
1. Costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle
funzioni:
c. la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
e. l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato;
a.fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;
d. i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito
indipendenza e rispetto della dignità della persona.
2. I doveri del magistrato sono imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità e riserbo.
Art. 2
Riserva di legge.
1. I magistrati non possono essere sottoposti a procedimenti e a sanzioni disciplinari se non nei casi e nelle forme previsti dalla presente legge.
Art. 3
Illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni
1. Costituiscono illeciti disciplinari che violano il dovere di imparzialità:
a) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge.
b) l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
Qualora il comportamento sia tenuto da chi eserciti funzioni direttive o semi direttive, si applica una sanzione non inferiore alla incapacità temporanea ad esercitare le rispettive funzioni.
Abrogato
2. Costituiscono illeciti disciplinari che violano il dovere di correttezza:
a) i comportamenti abitualmente o gravemente irrispettosi nei confronti di collaboratori, delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato
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dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori;
n. la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario o sui servizi organizzativi e informatici adottate dagli organi competenti;
dd. l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio;
b. l'omissione della comunicazione, al Consiglio superiore della magistratura, della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;
b. l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente decreto;
f. l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio, da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze;
nell'ambito dell’ufficio giudiziario ovvero nei confronti di altri magistrati (….).
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
b) la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario, sui servizi organizzativi o informatici(…).
c) l'omissione, da parte del dirigente dell'ufficio o del titolare di un ufficio semi direttivo, della comunicazione agli organi competenti di fatti a sua conoscenza che possono costituire illeciti disciplinari commessi da magistrati dell'ufficio.
d) l’omissione della comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario (…).
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
e) l'omissione da parte del dirigente dell'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza della comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario (…) ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 e successive modificazioni (…).
f) l’omessa comunicazione al capo ufficio da parte del magistrato destinatario delle intervenute interferenze di cui all’art. 3 comma 1 lettera b) della violazione del dovere di imparzialità.
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l. l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge;
cc. l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;
l.l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali;
ff.l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;
h. il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;
gg. l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dai casi consentiti dalla legge determinata da negligenza grave ed inescusabile;
gg bis. l'inosservanza dell'articolo 123 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271))
g. la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile;
3. Costituiscono illeciti disciplinari che violano il dovere di diligenza:
a) l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, quando è richiesta dalla legge, o affetti da palese incompatibilità tra la motivazione e il dispositivo per negligenza inescusabile.
b) l'adozione di provvedimenti in casi non consentiti dalla legge o in violazione di legge o per errore macroscopico, per colpa grave e inescusabile.
Quando i provvedimenti abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali si applica una sanzione non inferiore alla perdita di anzianità.
c) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;
d) l’adozione o il mantenimento senza titolo di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da colpa grave ed inescusabile.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
e) lo svolgimento dell’udienza di convalida e dell’interrogatorio dell’arrestato, del fermato o del detenuto in luogo diverso da quello ove si trovino, in difetto di decreto motivato o di giustificato motivo.
f) la ingiustificata ritardata scarcerazione del detenuto nei casi di sopravvenuta inefficacia per decorrenza dei termini di custodia della misura cautelare o di avvenuta espiazione della pena, quando non vi sia
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o. l'indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti;
p. l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne è derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;
q.il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;
r.il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all'attività di servizio;
t. l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;
s.per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti;
detenzione per altra causa.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
g) la manifesta elusione dell’obbligo di procedere alla tempestiva iscrizione della notizia di reato o del nome dell’indagato nel prescritto registro al fine di eludere i termini delle indagini preliminari.
4. Costituiscono illeciti disciplinari che violano il dovere di laboriosità:
a) l'indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti.
b) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza di autorizzazione (…) se ne è derivato pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità.
c) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni. Per i provvedimenti si presume grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che ecceda il triplo dei termini previsti dalla legge per il deposito. Va in ogni caso tenuto conto del contesto gestionale ed organizzativo dell’ufficio di appartenenza.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
d) il sottrarsi in modo non occasionale all'attività di servizio o all’obbligo della reperibilità per le esigenze dell’ufficio.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
e) per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti.
Si applica una sanzione non inferiore all'incapacità temporanea ad esercitare le rispettive funzioni.
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u. la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui;
v.pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonché la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106;
vedi D. Leg. 20 febbraio 2006 n.106
Vedi D. Leg. 20 febbraio 2006 n.106
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.
aa.il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;
Art. 3
Illeciti disciplinari fuori dell'esercizio delle funzioni
5. Costituiscono illeciti che violano il dovere di riserbo:
a) la divulgazione, anche per negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione o, quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui, sugli affari definiti.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
b) il rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione sull’attività giudiziaria dell’ufficio senza il consenso del Procuratore della Repubblica o nonostante il suo divieto.
c) l’omissione da parte del Procuratore della Repubblica di segnalare al Consiglio Giudiziario, per l’esercizio del potere di vigilanza e per la sollecitazione del potere disciplinare, le condotte dei magistrati del suo ufficio di cui al numero precedente.
6.L'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare salve le ipotesi di cui al comma 3 lettere a) e b).
ABROGATO
Art.4
Illeciti disciplinari fuori dell’esercizio delle funzioni.
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1.Costituiscono illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio delle funzioni:
a) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per se' o per altri;
b) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o essere sottoposto ad una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l'intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone;
c) l'assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura;
d) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria di cui all'articolo 16, comma 1, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, o di attività tali da recare concreto pregiudizio all'assolvimento dei doveri disciplinati dall'articolo 1;
e) l'ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere parti o indagati in procedimenti penali o civili pendenti presso l'ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di Corte d'appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro, nonché ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni, a condizioni di eccezionale favore, da parti offese o testimoni o comunque da soggetti coinvolti in detti procedimenti;
f) ((LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269));
g)la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con
a) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per se' o per altri.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
b) il frequentare o l’intrattenere rapporti d’affari con persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione (…) trattato dal magistrato nonché il frequentare o l’intrattenere rapporti d’affari con persona che consti essere dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o essere sottoposto ad un processo penale per fati gravi o ad una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione.
c) l'accettazione e lo svolgimento di incarichi ed uffici vietati dalla legge ovvero l’accettazione e lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione del Consiglio Superiore della Magistratura o, comunque, lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria di cui all'articolo 16, comma 1, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e successive modificazioni.
d) l'ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa indagati o parti in procedimenti penali o civili pendenti presso l'ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di Corte d'appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie ovvero dai difensori di costoro.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
e) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono
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l'esercizio delle funzioni giudiziarie;
h) l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato;
i) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è diretto a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste;
l) ((LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).
Art. 3-bis
Condotta disciplinare irrilevante.
1. L'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto
è di scarsa rilevanza.
Art. 4.
Illeciti disciplinari conseguenti a reato
1. Costituiscono illeciti disciplinari conseguenti al reato:
a) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è
stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
b) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi
oggettivamente incompatibili con l'esercizio delle funzioni giudiziarie.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
f) l'iscrizione a partiti politici nonché la partecipazione all’attività di partito ovvero di movimenti analoghi o all’attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
g) l'uso strumentale della qualità di magistrato che, per la sua posizione o per le modalità di realizzazione, è diretto a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste.
Si applica una sanzione non inferiore alla censura.
h) ogni altro comportamento tenuto in
luogo pubblico o aperto al pubblico idoneo a compromettere in modo grave il prestigio della funzione giudiziaria.
Art.3 bis
Condotta disciplinare irrilevante
1.L'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza.
Art.4
Illeciti disciplinari conseguenti a reato
1. Costituiscono illeciti disciplinari conseguenti al reato:
a) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
Si applica una sanzione non inferiore alla perdita di anzianità.
b) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è
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dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;
c) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è
stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell'arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;
d) qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l'immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non può essere iniziata o proseguita.
Sezione II Delle sanzioni disciplinari
Art. 5.
Sanzioni
1. Il magistrato che viola i suoi doveri é soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari:
a) l'ammonimento;
b) la censura;
c) la perdita dell'anzianità;
d) l'incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semi direttivo;
e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
f) la rimozione.
2. Quando per il concorso di più illeciti disciplinari si debbono irrogare più sanzioni di diversa gravità, si applica la sanzione prevista per l'infrazione più grave; quando più illeciti disciplinari, commessi in concorso tra loro, sono puniti con la medesima sanzione, si applica la sanzione immediatamente più grave.
Nell'uno e nell'altro caso può essere applicata anche la sanzione meno grave se compatibile.
stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalità e conseguenze, carattere di particolare gravità;
c) i fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile o è stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell'arresto, sempre che presentino, per le modalità di esecuzione, carattere di particolare gravità;
d) qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l'immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non può essere iniziata o proseguita.
Sezione II Delle sanzioni disciplinari
Art. 5.
Sanzioni
1. Il magistrato che viola i suoi doveri è soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari, in relazione alla gravità degli addebiti, salvo che sia diversamente previsto dalle norme che precedono:
a) l'ammonimento;
b) la censura;
c) la perdita dell'anzianità;
d) l'incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semi direttivo;
e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
f) la rimozione.
2. Quando per il concorso di più illeciti disciplinari si debbano irrogare sanzioni di diversa gravità, si applica la sanzione prevista per l’infrazione più grave; quando più illeciti disciplinari, commessi in concorso tra loro, sono puniti con la medesima sanzione, si applica la sanzione immediatamente più grave. Nell’uno o nell’altro caso può essere applicata anche la sanzione meno grave se compatibile.
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Art. 6.
Ammonimento
1. L'ammonimento è un richiamo, espresso nel dispositivo della decisione disciplinare, all'osservanza, da parte del magistrato, dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso.
Art. 7.
Censura
1. La censura è una dichiarazione formale di biasimo contenuta nel dispositivo della decisione disciplinare.
Art. 8.
Perdita dell'anzianità
1. La perdita dell'anzianità non può essere inferiore a due mesi e non può superare i due anni.
Art. 9.
Temporanea incapacità ad esercitare
un incarico direttivo o semi direttivo
1. La temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o
Semi direttivo non può essere inferiore a sei mesi e non può
superare i due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o
semi direttive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semi direttive, corrispondenti alla sua qualifica.
2. Applicata la sanzione, il magistrato non può riprendere l'esercizio delle funzioni direttive o semi direttive presso l'ufficio ove le svolgeva anteriormente al provvedimento disciplinare.
Art. 10.
Sospensione dalle funzioni
1. La sospensione dalle funzioni consiste nell'allontanamento dalle funzioni con la sospensione dallo stipendio e il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura.
2. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico
Art. 6.
Ammonimento
1. L'ammonimento è un richiamo, espresso nel dispositivo della decisione disciplinare, all'osservanza, da parte del magistrato, dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso.
Art. 7.
Censura
1. La censura è una dichiarazione formale di biasimo contenuta nel dispositivo della decisione disciplinare.
Art. 8.
Perdita dell'anzianità
1. La perdita dell'anzianità non può essere inferiore a due mesi e non può superare i due anni.
Art. 9.
Temporanea incapacità ad esercitare
un incarico direttivo o semi direttivo
1. La temporanea incapacità ad esercitare un incarico direttivo o Semi direttivo non può essere inferiore a sei mesi e non può superare i due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semi direttive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semi direttive, corrispondenti alla sua qualifica.
2. Applicata la sanzione, il magistrato non può riprendere l'esercizio delle funzioni direttive o semi direttive presso l'ufficio ove le svolgeva anteriormente al provvedimento disciplinare.
Art. 10.
Sospensione dalle funzioni
1. La sospensione dalle funzioni consiste nell'allontanamento dalle funzioni con la sospensione dallo stipendio e il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura.
2. Al magistrato sospeso è corrisposto un assegno alimentare pari ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta
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riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; a un terzo, se alla sesta o settima classe.
Art. 11.
Rimozione
1. La rimozione determina la cessazione del rapporto di servizio e
viene attuata mediante decreto del Presidente della Repubblica.
Art. 12.
Sanzioni applicabili
1. Si applica una sanzione non inferiore alla censura per:
a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1,
arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;
b) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;
c) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19
dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;
d) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;
e) i comportamenti previsti dall'articolo 2, comma 1, lettere d),
e) ed f);
f) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
g) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti
relativi all'esercizio delle funzioni;
h) la scarsa laboriosità, se abituale;
i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
l) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;
m) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta
percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla metà, se alla quarta o quinta classe; a un terzo, se alla sesta o settima classe.
Art. 11.
Rimozione
1. La rimozione determina la cessazione del rapporto di servizio e
viene attuata mediante decreto del Presidente della Repubblica.
Sostituito dalle disposizioni che precedono.
Art. 12
Riabilitazione
La riabilitazione estingue ogni effetto della condanna.
La riabilitazione può essere chiesta se il magistrato, nel periodo successivo alla sentenza di condanna, non abbia avuto altre condanne e abbia conseguito le previste valutazioni positive di professionalità.
La riabilitazione interviene dopo cinque anni dalla sentenza di condanna all’ammonimento e dopo dieci anni dalla sentenza di condanna alla censura.
Sulla riabilitazione si pronuncia la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura su istanza di parte.
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autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l'entità e la natura
dell'incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità.
2. Si applica una sanzione non inferiore alla perdita
dell'anzianità per:
a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1,
arrecano grave e ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle
parti;
b) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire
vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
c) i comportamenti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera b).
3. Si applica la sanzione della incapacità a esercitare un incarico direttivo o semi direttivo per l'interferenza, nell'attività
di altro magistrato, da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave.
4. Si applica una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi e uffici vietati dalla legge ovvero per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta
autorizzazione, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il
fatto si appalesi di particolare gravità.
5. Si applica la sanzione della rimozione al magistrato che sia
stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti
dall'articolo 3, comma 1, lettera e), che incorre nella interdizione
perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna
penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non
colposo non inferiore a un anno la cui esecuzione non sia stata
sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del Codice penale o per la
quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai
sensi dell'articolo 168 dello stesso Codice.
Art.13. Trasferimento d'ufficio e provvedimenti cautelari
1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nell'infliggere una sanzione diversa
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Art.13. Trasferimento d'ufficio e provvedimenti cautelari
1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, può disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Il trasferimento e' sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dall'articolo 2, comma 1, lettera a), nonche' nel caso in cui e' inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni.
2. Nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 14.
Titolarità dell'azione disciplinare
1. L'azione disciplinare è' promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
2. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere, entro un anno dalla notizia del fatto, l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa
dall'ammonimento e dalla rimozione, può disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio o la destinazione ad altre funzioni quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio o l’esercizio delle medesime funzioni appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Il trasferimento e' sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dall'articolo 2, comma 1, lettera a), nonche' nel caso in cui e' inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni.
2. Nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 14.
Titolarità dell'azione disciplinare
1. L'azione disciplinare è' promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
2. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere, entro un anno dalla notizia del fatto, l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura,
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il Ministro dà comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare, dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini, al Procuratore generale.
4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici hanno l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio nonché' i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare.
5. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione é stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al comma 3, ultimo periodo.
Art. 15.
Termini dell'azione disciplinare
1. L'azione disciplinare é promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia. La denuncia è circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare. In difetto di tali elementi, la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare.
con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare, dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini, al Procuratore generale. Il Ministro della Giustizia può chiedere in ogni caso che gli sia data comunicazione quando all’esito delle indagini, il Procuratore Generale faccia richiesta alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere.
4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici hanno l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio nonché' i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare.
5. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione é stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facoltà del Ministro di cui al comma 3, ultimo periodo.
Art. 15.
Esercizio e termini dell'azione disciplinare
1. L'azione disciplinare é promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia. La denuncia è circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie
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1-bis. Non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal fatto.
2. Entro due anni dall'inizio del procedimento il Procuratore generale deve formulare le richieste conclusive di cui all'articolo 17, commi 2 e 6; entro due anni dalla richiesta, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella composizione di cui all'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, si pronuncia.
3. La richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'articolo 14, comma 3, determinano, a tutti gli effetti, l'inizio del procedimento.
4. Dell'inizio del procedimento deve essere data comunicazione, entro trenta giorni, all'incolpato, con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato. Deve procedersi ad analoga comunicazione per le ulteriori contestazioni di cui all'articolo 14, comma 5. L'incolpato può farsi assistere da altro magistrato, anche in quiescenza, o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico.
5. Gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o da avviso al difensore, quando è previsto, se già designato, sono nulli, ma la nullità non può essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
6. Se la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono
disciplinare. In difetto di tali elementi, la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare.
1-bis. Non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi cinque anni dal fatto.
2. Entro due anni dall'inizio del procedimento il Procuratore generale deve formulare le richieste conclusive di cui all'articolo 17, commi 2 e 6; entro due anni dalla richiesta, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella composizione di cui all'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, si pronuncia.
3. La richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'articolo 14, comma 3, determinano, a tutti gli effetti, l'inizio del procedimento.
4. Dell'inizio del procedimento deve essere data comunicazione, entro trenta giorni, all'incolpato, con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato. Deve procedersi ad analoga comunicazione per le ulteriori contestazioni di cui all'articolo 14, comma 5. L'incolpato può farsi assistere da altro magistrato, anche in quiescenza, o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonché, se del caso, da un consulente tecnico.
5. Gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione all'incolpato o da avviso al difensore, quando è previsto, se già designato, sono nulli, ma la nullità non può essere più rilevata quando non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
6. Se la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia
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restituiti gli atti del procedimento dalla Corte di cassazione.
7. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta.
8. Il corso dei termini, compreso quello di cui al comma 1-bis, è sospeso:
a) se per il medesimo fatto è stata esercitata l'azione penale, ovvero il magistrato è stato arrestato o fermato o si trova in stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;
b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;
c) se l'incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;
d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore
d-bis) se, nei casi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), all'accertamento del fatto costituente illecito disciplinare è' pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o amministrativo;
d-ter) se il procedimento è sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16.
Art. 16.
Indagini nel procedimento disciplinare. Potere di archiviazione.
1. Il pubblico ministero procede all'attività di indagine. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate
nel giudizio di rinvio è di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dalla Corte di cassazione.
7. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta.
8. Il corso dei termini, compreso quello di cui al comma 1-bis, è sospeso:
a) se per il medesimo fatto il magistrato abbia ricevuto informazione di garanzia ai sensi dell’art. 369 cpp o è stata esercitata l'azione penale, ovvero lo stesso è stato arrestato o fermato o si trova in stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna;
b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimità costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale;
c) se l'incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;
d) se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento dell'incolpato o del suo difensore
d-bis) se, nei casi di cui all'articolo 3, comma 3 lettera c),all'accertamento del fatto costituente illecito disciplinare è' pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o amministrativo;
d-ter) se il procedimento è sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16.
Art. 16.
Indagini nel procedimento disciplinare. Potere di archiviazione.
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dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato del suo ufficio.
2. Per l'attività di indagine si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti. Si applica, comunque, quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.
3. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritiene necessario ai fini delle determinazioni sull'azione disciplinare, può acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi, motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata del procuratore della Repubblica ovvero di altri dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può prendere visione degli atti. Il procedimento può essere altresì sospeso nel corso delle indagini preliminari.
5. Il pubblico ministero, per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, può richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto.
5-bis. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione procede all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante ai sensi dell'articolo 3-bis o forma oggetto di
1. Il pubblico ministero procede all'attività di indagine. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato del suo ufficio.
2. Per l’attività di indagine il pubblico ministero può disporre l’assunzione di testimonianze, confronti, perizie, ordinare sequestri o l’esibizione di documenti, osservando le norme del c.p.p. Possono altresì essere acquisiti documenti o verbali o atti di procedimenti penali.
3. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritiene necessario ai fini delle determinazioni sull'azione disciplinare, può acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi, motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata del procuratore della Repubblica ovvero di altri dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può prendere visione degli atti. Il procedimento può essere altresì sospeso nel corso delle indagini preliminari.
5. Il pubblico ministero, per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio, può richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto.
5-bis. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione procede
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denuncia non circostanziata ai sensi dell'articolo 15, comma 1, ultimo periodo, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4 oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso. Il provvedimento di archiviazione e' comunicato al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta si provvede nei modi previsti nei commi 4 e 5 dell'articolo 17 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto. Il provvedimento di archiviazione acquista efficacia solo se il termine di cui sopra sia interamente decorso senza che il Ministro abbia avanzato la richiesta di fissazione dell'udienza di discussione orale davanti alla sezione disciplinare. In tale caso e' sospeso il termine di cui al comma 1 dell'articolo 15.
Art. 17
Chiusura delle indagini
1. Compiute le indagini, il Procuratore generale formula le richieste conclusive di cui ai commi 2 e 6 e invia alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura il fascicolo del procedimento, dandone comunicazione all'incolpato. Il fascicolo é depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell'incolpato, che può prenderne visione ed estrarre copia degli atti.
all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante ai sensi dell'articolo 3-bis o forma oggetto di denuncia non circostanziata ai sensi dell'articolo 15, comma 1, ultimo periodo, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4 oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso. Il provvedimento di archiviazione è comunicato al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti (…..)per le sue determinazioni.
Art. 17
Chiusura delle indagini
1. Il Procuratore Generale procede ad interrogatorio del magistrato incolpato dandogli avviso del deposito degli atti del procedimento dieci giorni prima dello stesso. Può comunque disporre la segretazione di uno o più atti per ragioni relative alle indagini eventualmente ancora da compiere. Compiute le indagini, il Procuratore generale formula le richieste conclusive di cui ai commi 2 e 6 e invia alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura il fascicolo del procedimento, dandone comunicazione all'incolpato. Il fascicolo é depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell'incolpato, che può prenderne visione ed estrarre copia degli atti. Nel fascicolo oltre a tali atti entrano le indagini difensive svolte dal
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2. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formula l'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell'atto.
3. Il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, può chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
4. Il presidente della sezione disciplinare fissa, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti.
5. Il decreto di cui al comma 4 è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di quest'ultimo, se già designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare o abbia richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, al Ministro della giustizia.
6. Il Procuratore generale, nel caso in cui ritenga che si debba escludere l'addebito, fa richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, con invio di copia dell'atto.
7. Il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 6, può richiedere copia degli atti del procedimento, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della
difensore osservando le forme di cui agli artt. 391 bis e seguenti C.P.P.
2. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formula l'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione dà comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell'atto.
3. Il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, può chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
4. Il presidente della sezione disciplinare fissa, con suo decreto, il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti.
5. Il decreto di cui al comma 4 è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di quest'ultimo, se già designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare o abbia richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, al Ministro della giustizia.
6. Il Procuratore generale, nel caso in cui ritenga che si debba escludere l'addebito, fa richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta è data comunicazione al Ministro della giustizia nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, richiesto l'integrazione della contestazione, con invio di copia dell'atto ovvero richiesto di avere comunicazione della richiesta ai sensi dell’art. 14 comma 3.
7. Il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 6, può richiedere copia degli atti del procedimento,(……) e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi,
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contestazione, e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta, si provvede nei modi previsti nei commi 4 e 5 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto.
8. Decorsi i termini di cui al comma 7, sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decide in camera di consiglio. Se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza di non luogo a procedere. Se rigetta la richiesta, il Procuratore generale formula l'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Si provvede nei modi previsti dai commi 4 e 5.
Art.18
Discussione nel giudizio disciplinare
1. Nella discussione orale un componente della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nominato dal presidente svolge la relazione.
2. L'udienza è pubblica. La sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, può disporre che la discussione si svolga a porte chiuse se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi.
3. La sezione disciplinare può:
a) assumere, anche d'ufficio, tutte le prove che ritiene utili;
b) disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei
può richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta, si provvede nei modi previsti nei commi 4 e 5 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto.
8. Decorsi i termini di cui al comma 7, sulla richiesta di non luogo a procedere la sezione disciplinare decide in camera di consiglio. Se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza di non luogo a procedere. Se rigetta la richiesta, il Procuratore generale formula l'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Si provvede nei modi previsti dai commi 4 e 5.
Art.18
Discussione nel giudizio disciplinare
1. Nella discussione orale un componente della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nominato dal presidente svolge la relazione.
2. L'udienza è pubblica. La sezione disciplinare, su richiesta di una delle parti, può disporre che la discussione si svolga a porte chiuse se ricorrono esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi.
3. La sezione disciplinare può:
a) assumere, anche d'ufficio, tutte le prove che ritiene utili;
b) disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini;
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fascicoli personali nonché delle prove acquisite nel corso delle indagini;
c) consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato e del delegato del Ministro della giustizia.
4. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.
5. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
Art. 19
Sentenza disciplinare
1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura delibera immediatamente dopo l'assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio.
2. La Sezione disciplinare provvede con sentenza, irrogando una sanzione disciplinare ovvero, se non sia stata raggiunta prova sufficiente, dichiarando esclusa la sussistenza dell'addebito. I motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione.
3. I provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sono comunicati al Ministro della giustizia nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento.
c) consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato e del delegato del Ministro della giustizia.
4. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.
5. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
Art. 19
Sentenza disciplinare
1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura delibera immediatamente dopo l'assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio.
2. La Sezione disciplinare provvede con sentenza, irrogando una sanzione disciplinare ovvero, se l’addebito venga escluso o non sia stata raggiunta prova sufficiente, dichiarando esclusa la sussistenza dell'addebito. I motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione.
3. I provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sono comunicati al Ministro della giustizia (…..), anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro può richiedere copia degli atti del procedimento.
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Art. 20
Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale
1. L'azione disciplinare è promossa indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, ferme restando le ipotesi di sospensione dei termini di cui all'articolo 15, comma 8.
2. Hanno autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso:
a) la sentenza penale irrevocabile di condanna;
b) la sentenza irrevocabile prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale.
3. Ha autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione.
Art. 24
Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura
1. L'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.
2. La Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.
Art. 20
Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale
1. L'azione disciplinare è promossa indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, ferme restando le ipotesi di sospensione dei termini di cui all'articolo 15, comma 8.
2. Hanno autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso:
a) la sentenza penale irrevocabile di condanna;
b) la sentenza irrevocabile prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale.
3. Ha autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione.
Art. 24
Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura
1. L'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del
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Consiglio superiore della magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.
2.La Corte di cassazione decide a sezioni unite (…), entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso. La composizione delle sezioni unite in materia disciplinare viene determinata con le tabelle dell’ufficio, osservata la pluralità delle competenze, prevedendo che di esse facciano parte magistrati assegnati alle sezioni civili e penali.
3.Si applicano per le impugnazioni le norme del codice di procedura civile.
