Gesù e il processo
Lo ha fatto notare il cardinale Martini in un articolo apparso su La Repubblica del 29 settembre 2007, per cui ci limitiamo a riprendere l’osservazione, per l’evidente interesse.
Nel Vangelo secondo Giovanni (19/22) Gesù dà una lezione sul processo al sommo sacerdote che lo interroga.
L’atto è propriamente processuale: un interrogatorio. L’autorità inquirente deve accertare le colpe di Gesù e, come spesso accade, decide di seguire la via breve: se l’imputato confessa siamo apposto. Ma la risposta di Gesù sembra un invito, un po’ ironico, a non cercare scorciatoie: “Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto”. Come a dire: ci sono tanti testimoni, senti quelli, perché ti aspetti che debba essere l'imputato a dirti come sono andate le cose.
Ma la reazione dell’autorità inquirente è di quelle che con l’ironia hanno poca dimestichezza: “aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?»”.
