ancora giustizia sommaria...ma del sommo giudice
"Gli scomparsi" di Daniel Mendelsohn è anche una lunga riflessione sulla figura di Dio come giudice all'interno del Vecchio Testamento. Qui l'autore prende spunto dall'episodio biblico di Sodoma e Gomorra per mettere in discussione la giustizia divina.
Non foss'altro che per la gravità della punizione loro inflitta, è strano che il peccato per il quale gli abitanti delle lussuriose città di Sodoma e Gomorra furono sterminati in realtà non sia mai indicato, né tanto meno descritto nella parashat Vayeira. Sebbene si intuisca chiaramente che abbia attinenza con la trasgressione sessuale, con pratiche che esulano totalmente dalle prescrizioni del Levitico, un testo biblico sul quale non ci soffermeremo, in effetti non viene spiegato per quale ragione le due città debbano essere distrutte: Dio si limita ad annunciare ad Abramo, praticamente senza preavviso, che il "clamore delle colpe che giunge a me da Sodoma e Gomorra è grande" e il loro peccato - non menzionato - è "molto grave". In difesa di Dio, la cui tendenza all'annichilimento totale oltre che alla creazione a questo punto della Genesi è ormai evidente, Rashi mette in evidenza il suo annuncio che "scenderà" per osservare le città delle pianure, e accertarsi della gravità delle colpe. "Questo" dichiara il saggio francese "deve ammonire i giudici a non emettere un verdetto capitale senza prima aver verificato di persona", monito certo non privo di suggestione, anche se si può tranquillamente affermare che i magistrati di oggi forse appunterebbero la loro attenzione sul fatto che, in questo caso, i condannati non sembrano essere informati dell'accusa a loro carico - accusa che, almeno nel testo a nostra disposizione, non viene né contestata né, a dire il vero, provata, circostanza alquanto inquietante se si considera che essa è rivolta a un'intera popolazione.
(...) In un certo senso, questa storia esercita un particolare fascino su coloro che trovano inquietante la storia del Diluvio, lasciando vagamente intendere che il timore di Abramo che vengano uccisi degli innocenti e dei giusti si realizza in quell'occasione. Eppure, per me il destino di Sodoma e Gomorra - o piuttosto la morte di uomini, donne e bambini delle due città, poiché ormai ho capito che è fin troppo facile parlare di città distrutte, quando ciò cui realmente ci si riferisce è l'uccisione di esseri umani - è inquietante per un'altra ragione. Per quanto ammiri la capacità di mercanteggiare da parte di Abramo, mi chiedo perché si sia fermato al numero dieci. Friedman non dice quasi nulla sull'argomento, ma si limita ad accettare il verdetto di Dio: "Poiché Dio conosce bene la situazione e il suo inevitabile esito, che dire?" Rashi spiega, alludendo ingegnosamente alla storia del Diluvio, che è il prototipo di questo racconto, il motivo per cui nel mercanteggiare Abramo diminuisce di dieci in dieci il numero dei giusti (perché il numero degli individui salvati nell'arca di Noè è otto, e otto più Dio e Abramo fa dieci). Ma nessuno dei due commentatori sembra preoccuparsi molto della questione che mi turba così tanto: se anche fossero vissute meno di dieci persone rette a Sodoma - anche se, mettiamo, ce ne fosse stata una sola in tutta la vasta popolazione della metropoli - non sarebbe comunque ingiusto ucciderle insieme ai colpevoli? O anche, se c'è un solo abitante buono in un paese di malvagi, si può dire che tutta la nazione è colpevole?"
