Il dramma di una giustizia ingiusta
In Leggere Lolita a Teheran, Azar Nafisi ci offre alcuni squarci drammatici sul sistema giudiziario e penitenziario in Iran. Qui un'allieva le racconta la sua esperienza carceraria.
"Lei si preoccupa che ci faccia male roderci troppo", continuò "ma sa benissimo che molte delle storie che si sentono sulle prigioni sono vere. Il peggio era quando venivano a prendere le nostre compagne in piena notte. Significava che avevano deciso di giustiziarle. Ci dicevano addio, e poco dopo sentivamo gli spari. Riuscivamo a capire quante persone erano state uccise contando i colpi singoli che seguivano a ogni scarica. C'era una ragazza di una bellezza strabiliante, credo fosse la sua unica colpa. L'avevano sbattuta dentro inventandosi un'accusa di immoralità, e l'avevano tenuta un carcere un mese, violentandola ripetutamente. Le guardie se la passavano tra di loro. In prigione la voce si è sparsa in fretta, perché la ragazza non era nemmeno una detenuta politica; la tenevano con i criminali comuni. Facevano sposare le ragazze vergini con le stesse guardie che più tardi le avrebbero giustiziate, perché se fossero morte ancora vergini sarebbero andate in paradiso. Quasi sempre costringevano quelle che si erano "convertite" all'Islam a sparare sulle altre. Se non fossi stata una privilegiata," disse con rancore "se non fossi stata così "fortunata" da avere un padre che condivideva la loro fede, lo sa Dio dove sarei adesso - forse all'inferno con le altre vergini stuprate, o con quelle che distribuivano colpi di grazia per dimostrare la loro fedeltà al regime"
