Il giudice e il mastino
L'opera in Nero della Yourcenar non si poteva limitare ad una citazione
"Il Canonico Campus si ricordò a lungo che all'inizio di febbraio, poco prima della fatale udienza in cui aveva fatto irruzione Caterina, i Signori Giudici si erano trattenuti un momento sulla soglia della cancelleria a scambiarsi i punti di vista dopo l’uscita del vescovo. Pietro Le Cocq, che in Fiandra, era il factotum del duca d'Alba, fece osservare che si erano perse sei settimane attorno a delle inezie, quando sarebbe stato tanto semplice applicare le sanzioni della legge. Nondimeno si rallegrava che quel processo, assolutamente privo d'importanza poiché non si collegava a nessuno dei grandi interessi del giorno offriva con ciò stesso al pubblico un utilissimo diversivo; il popolino di Bruges si preoccupava meno di quel che accadeva a Bruxelles al Tribunale dei Disordini, giacché si appassionava sul posto pel signor Zenone. Inoltre non era male nel momento in cui da ogni parte veniva rimproverata alla giustizia la sua arbitrarietà, mostrare che in Fiandra in materia legale si sapevano ancora osservare le forme. A bassa voce aggiunse che il reverendissimo vescovo aveva saggiamente fatto uso della autorità che alcuni a torto gli contestavano, ma era il caso di distinguere tra la funzione e l'uomo: c'erano in monsignore scrupoli di cui avrebbe dovuto disfarsi se voleva continuare ad esercitare il mestiere di giudice. Il volgo ci teneva molto a veder bruciare quel tizio ed è pericoloso negare a un mastino l'osso che gli è stato prima agitato sotto gli occhi."
