Il primo giorno di libertà

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  • 21/09/2013
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All'uscita dalla prigione, Franz Biberkopf, il protagonista di Berlin Alexanderplatz di Alfred Doeblin, viene preso da un sentimento di angoscia per la libertà ritrovata.

Fermo davanti alla porta della prigione di Tegel, era libero. Ancora ieri insieme agli altri aveva raccolto patate nei campi dietro il penitenziario, vestito da forzato, ora se ne andava attorno con un soprabito giallo, leggero, gli altri stavano ancora dietro a raccogliere le patate, lui era libero. Lasciava i tram passargli dinanzi uno dopo l'altro e lui teneva poggiata la schiena alla parete rossa e non si moveva. Il custode gli passò dinanzi un paio di volte e gli mostrò il suo tram; ma lui non si moveva. Il momento terribile era venuto (terribile, Franz, perché terribile?). I quattro anni erano passati. I ferrei battenti neri della porta, che da un anno egli aveva osservato con crescente avversione (avversione, perché avversione?) s'erano chiusi dietro a lui. L'avevano messo fuori. Dentro sedevano ancora gli altri a fare lavori da falegname, a laccare, a cardare, a incollare, e avevano ancora due anni, cinque anni. Lui stava alla fermata del tram!

Comincia il castigo.

Si riscosse, mandò giù la saliva. Poi prese la rincorsa e saltò su un tram. Fra altra gente. Libero. Dapprima gli parve come di essere dal dentista che con la tenaglia ha afferrato una radice e tira e il dolore cresce e la testa sta per scoppiare. Voltò la testa verso le mura rosse, ma il tram lo portava lontano cigolando sulle rotaie e la sua faccia era ancora rivolta in direzione della prigione. Il tram prese una curva, si pararono in mezzo alberi, case. Strade movimentate, gente che scendeva e saliva. Dentro di lui qualcosa gridava con terrore: attenti, attenti, si comincia.

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